Ha iniziato a lavorare in Vaticano quando Papa era Giovanni Paolo II. Ha chiuso una delle porte della Cappella Sistina, prima dell’extra omnes pronunciato dal Maestro delle Celebrazioni, partecipando, così, all’elezione di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco. Ogni mattina apre i Musei Vaticani, permettendo a milioni di persone di poter apprezzare bellezze rare del patrimonio artistico mondiale. Tiene tra le mani circa 3000 chiavi del Vaticano e in particolare l’unica senza numero che apre la porta della Cappella Sistina.
Il clavigero Gianni Crea è l’erede del maresciallo del conclave, è colui che custodisce e conserva 2797 chiavi e che ha il privilegio di attraversare gli stessi corridoi su cui hanno camminato i Papi del passato e della nostra epoca. Un uomo che apre e chiude le porte che hanno visto entrare e uscire anche Michelangelo, Raffaello, Botticelli, Perugino. «Le loro opere – dice Crea – “parlano” un linguaggio universale capace di unire i popoli». Espressione in piena sintonia con quella di Papa Francesco il quale afferma che «i Musei Vaticani devono essere sempre più il luogo del bello e dell’accoglienza, spalancando le porte alle persone di tutto il mondo». E lì a “parlare” sono proprio la bellezza, l’amore, l’armonia e la pace.
Crea si emoziona quando ricorda il padre Bruno partito a soli 12 anni da Masella di Montebello Jonico, suo paese di origine. E gli trema la voce nel momento in cui ricorda la nonna Angela quando la domenica andavano a Messa. Era lei a sussurrargli: «A Dio dobbiamo donare ogni nostro respiro». Ed ancora: «Bravo! Sei vestito bene. Quando si va in Chiesa si indossano gli abiti più belli».
Gianni si ferma un istante nel racconto e i suoi occhi diventano lucidi: «Mia mamma Isabella desiderava tanto abbracciare il Papa e prima che passasse ad altra vita, lì a Santa Marta, dopo aver partecipato alla Messa del mattino, ha potuto stringersi a Francesco».
Per il clavigero il suo è un ruolo di servizio: «Una missione da portare avanti con semplicità e calore, quello tipico della mia terra, il luogo della mia infanzia. Ancora sento l’abbraccio di nonno Francesco al mio arrivo e le sue carezze al mio portare l’acqua dalla sorgente». Ricorda la partenza e gli occhi dei suoi cari velati di lacrime. Ogni anno Crea torna per le vacanze ripercorrendo, silenziosamente, quelle strade con l’affetto e l’emozione di sempre. «Dopo il diploma mi sono arruolato nei Carabinieri, seguendo l’esempio di papà, anch’egli nell’Arma per 15 anni prima di entrare alla Banca d’Italia. Da ausiliario, appena concluso l’anno di servizio, mi sono congedato. Era il 1992. Ho lasciato, senza un motivo preciso, uno stipendio sicuro contro il parere dei miei genitori. Ma avvertivo forte, dentro di me, la necessità di cambiare vita».
Così Crea si iscrive all’Università. Vuole fare il magistrato e per non gravare sulla famiglia cerca un lavoro saltuario. «Nella mia parrocchia di Ognissanti incontro don Giuseppe, il quale mi dice di andare in Vaticano dove cercavano giovani per un lavoro a tempo determinato». Per Gianni prende forma un nuovo percorso. Si tratta di un impegno di poche ore, ma «durante il primo mese ho avuto la possibilità di partecipare a una celebrazione di Giovanni Paolo II e sono stato catturato dal suo sguardo. Era profondo, tanto da entrare nell’anima. In quel momento ho pensato che quello poteva diventare il mio futuro».
Trascorsi 5 anni e mezzo come custode ausiliario, dopo il concorso diventa custode effettivo per poi essere scelto, dalla direzione dei Musei Vaticani, come clavigero. Le sue qualità non passano inosservate. In poco tempo viene nominato coordinatore degli undici clavigeri e per lui si tratta solo di un modo per servire umilmente la Chiesa e gli uomini. Con commozione torna a parlare di San Giovanni Paolo II. «L’ho conosciuto. Un uomo straordinario, capace di trasmettere serenità e bellezza nel profondo e nella parte più intima dell’anima. Quella che veramente dice a noi stessi chi siamo, mentre ci relaziona ogni istante a Dio».
Come una missione
La vita del clavigero è carica di impegni e responsabilità. Crea si sveglia prestissimo al mattino. Quando tutto è ancora buio, lascia la sua abitazione per essere, già alle 4.30, davanti all’ingresso di Sant’Anna. «Il primo buongiorno è quello che ci scambiamo con le guardie svizzere, volute da Papa Giulio II. Ogni mattina provo la stessa emozione di quando ho varcato questo viale per la prima volta». Nella postazione del corpo della Gendarmeria vengono custodite tutte le chiavi del Vaticano, comprese le cinque che gli permetteranno l’accesso al bunker dove sono custodite quelle dei Musei che sono sigillate dai clavigeri, dentro una busta bianca, ogni sera. Crea attraversa il cortile del Belvedere, il grottone che conduce alla Zecca e lo stradone che porta ai giardini, per giungere quindi nell’atrio dei Quattro cancelli. Nel silenzio e tra i primi sprazzi di luce si può ascoltare il timbro del passato. Il tragitto da fare è ancora lungo. Tra andata e ritorno sono circa 7 chilometri e il clavigero, come ogni mattina, li percorrerà immerso tra le opere d’arte più belle del mondo, attraversando cinque secoli di storia.
Quotidianamente i clavigeri aprono e chiudono circa 1000 imposte, utilizzando 1300 chiavi. Quattro di loro vengono coinvolti nei rispettivi settori, mentre uno si ferma alla postazione di servizio. La prima chiave permetterà a Crea di aprire un robusto cancello. Dopo aver timbrato il tesserino, procede silenzioso fino al gabbiotto dei clavigeri. Con la seconda apre il portone, con tre mezzi giri antiorari. Prosegue poi spedito lungo il percorso e con la terza apre l’atrio dei Quattro cancelli. All’alba, quelle mandate trasmettono nell’aria non un rumore metallico ma una vera e propria melodia che profuma di storia. Con passo costante Gianni entra ed accende le luci, telefona alla Gendarmeria per le comunicazioni di rito, poi chiede la disattivazione di tutti gli allarmi e si avvia, con la quarta chiave in mano, verso il bunker. Una volta al suo interno accende la luce ed ecco di fronte tutte e 2797 chiavi, di ogni forma e misura, dei Musei. Di ciascuna esistono, ancora, da una a cinque copie per un totale di oltre 9000 pezzi. Antiche e moderne; in ferro, alluminio o altro materiale. Alcune realizzate a mano e consumate dal tempo. Ogni clavigero le ha accarezzate, lasciando, su di esse, la propria impronta.
Nel bunker Crea, con la quinta chiave, apre una cassaforte dove è custodita la più importante. Si tratta dell’unica senza numero, come la porta che dovrà aprire e la cui maniglia ha la forma di “S”: la porta della Cappella Sistina. Si trova in una busta bianca firmata dal clavigero, così come l’antica tradizione vuole. E nella cassaforte ci sono altre 12 chiavi, necessarie per l’ingresso nei Musei. Gianni poi “prende per mano” quattro anelli che verranno consegnati ai colleghi per aprire gli ambienti loro assegnati e si dirige verso la scala Simonetti. Un percorso solitario che lo porterà, dopo tre chilometri e mezzo, alla Cappella Sistina. «Un cammino che parla di arte, di vita, di meraviglia. Opere che lasciano l’uomo quasi senza respiro per la loro maestosità».
Stanze che incantano
Non sono solo immagini, sculture, dipinti e affreschi. In quelle sale è presente la vita di grandissimi uomini. La vita di Papi che hanno segnato la storia. Timori, pensieri, dubbi e paure: chissà quanti di questi sentimenti hanno attraversato menti e anime. Chissà quanta stanchezza, quanta gioia e quante notti insonni alla ricerca del giusto colore e dell’equilibrata forma. «Parlando anni fa con mons. Paolo Nicolini, delegato amministrativo dei Musei Vaticani, e altri collaboratori, siamo giunti alla conclusione che cinque secoli di storia non si possono percorrere in solitudine. Così, dal 2017 è possibile partecipare all’apertura dei Musei assieme al clavigero. Una novità che ha registrato, su Tripadvisor, la seconda visita più richiesta, a livello mondiale, da parte dei turisti».
Il clavigero accarezza la chiave più antica. È la numero 401. «Apre il museo Pio-Clementino del 1770». Consumata dal tempo e tenuta nelle mani da molti custodi, permette di entrare nel luogo in cui sono presenti le opere fondamentali del Vaticano: il Laocoonte e i suoi figli, il Torso e l’Apollo del Belvedere. Quando si spalanca il portone si rimane incantati. Il sacerdote troiano di cui parla l’Eneide è lì fermo, ma in “movimento”, mentre con bilanciato equilibrio cerca di salvare dal serpente i figli e se stesso. I muscoli in rilievo che sprigionano forza, portano il nome degli scultori Polidoro, Agesandro e Atenodoro di Rodi. La statua del Torso del Belvedere, firmata dallo scultore ateniese Apollonio, del I secolo a.C., secondo una leggenda avrebbe visto il Papa Giulio II intento a convincere Michelangelo a ripristinare le parti mancanti con l’artista che avrebbe risposto che il Torso era troppo bello per essere alterato.
Si illumina il clavigero quando parla d’arte. Con passione riesce a far “entrare” l’interlocutore nell’opera. Nel lungo percorso si arriva al Museo Egizio. Gianni Crea ispeziona ogni cosa. Le luci, le imposte, gli impianti. Tutto deve funzionare per garantire le visite in piena sicurezza. Apre i portoni della Galleria dei Candelabri e degli Arazzi per poi sostare nella maestosa Sala delle Mappe geografiche dove sono presenti «120 metri di illustrazioni che permettono di visitare l’Italia da Nord a Sud».
Sulla destra ecco l’immagine della Calabria capovolta, in quanto vista da Roma. Gli occhi del clavigero sono fissi nella parte più estrema dove c’è scritto “M. Bello” ossia Montebello, il suo comune. «Ogni mattina quando passo da qui, penso alla mia terra, conosciuta sin dai tempi più antichi». Più sopra campeggia l’Aspromonte molto amato da Crea e vivo nei suoi ricordi: «Da piccolo andavo al Santuario della Madonna di Polsi. Una bella esperienza di fede. Tutti sul camion, in viaggio nel cuore della notte. Il Santo Rosario lungo la strada e l’indomani la Santa Messa. Al ritorno, nella piazza e lungo la strada, balli e canti popolari. Io accompagnavo la tarantella suonando il tamburello».
I passi del clavigero si dirigono a questo punto verso le stanze di Raffaello. Apre l’antico portone ed ecco davanti gli affreschi dell’artista che ha abbellito gli spazi personali di Papa Giulio II. Colori vivi ed accesi come la sua vita. Forme plastiche, morbide, quasi in movimento. Dopo aver attraversato l’appartamento Borgia, ecco una nuova porta: è quella del museo di Arte Moderna, con le opere delle firme più importanti del nostro tempo.
La Cappella Sistina
Per il clavigero è il momento dell’ultima chiave. Quella senza numero che permetterà l’ingresso nella Cappella Sistina, dedicata a Maria Assunta in Cielo, voluta dal Papa Sisto IV della Rovere sul finire del 1400. Una scalinata prima di arrivare. Dopo una sola mandata, si apre il mondo della fede e della cristianità affrescato da Michelangelo. «Negli occhi dei visitatori si leggono stupore e meraviglia». Dentro, tutto è colore e silenzio: a “parlare” sono i personaggi raffigurati. «Quelli del Giudizio Universale provengono dal museo Pio-Clementino. Michelangelo osservava il Laocoonte, il Torso e l’Apollo del Belvedere e da queste e da altre statue prese spunto per affrescare il Cristo che predomina la scena principale del Giudizio Universale e le altre».
Chissà quante volte, incantato, prendeva appunti su uno stropicciato pezzo di carta con una matita ormai consumata, tanto da lasciargli il grigio tra le dita, cercando nuove ispirazioni. «All’inizio del 1500 il Buonarroti era lì per servire il Papa e in pochissimi anni realizzò il capolavoro dei capolavori». Dentro la Sistina, che vede tutti i cardinali del mondo riuniti nel giorno del conclave, ci sono anche le opere di Botticelli, Ghirlandaio e Perugino i quali hanno affrescato episodi dell’Antico e Nuovo Testamento. «Ogni mattina – conclude Crea – anche i miei occhi, al pari di quelli dei visitatori, si perdono nella profondità di questa bellezza».
Ma adesso è tempo di tornare indietro, di iniziare il percorso inverso. Il clavigero ora è atteso da altri impegni: registri, trascrizioni, direttive organizzative e ispezioni nei depositi dove sono presenti altre opere in attesa di studi e restauro. Con sé, Crea porta il tintinnio delle chiavi, i ricordi e soprattutto la passione che ogni giorno alimenta il suo fare. Porta ancora il peso di grandi responsabilità, di regole e procedure ma soprattutto il suo servizio alla Chiesa con umiltà. Non è solo il custode delle chiavi ma soprattutto l’uomo colto che riesce ad emozionare e ad emozionarsi, capace di raccogliere e trasferire profondi sentimenti. È semplicemente Gianni, con dentro una grande umanità.
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