'Ndrangheta, il cartello storico tra Molè e Piromalli. Alleanza e rottura. Ecco chi è Rocco Molè
«Piromalli&Molè» non è solo la sigla di uno dei cartelli 'ndranghetisti più noti al mondo delle cronache giudiziarie, in Italia e all’estero, ma rappresenta iconicamente la forza e la pervicacia della 'ndrangheta e le sue raffinate capacità nel controllare il territorio di riferimento, la così detta «locale», e di espandersi sul territorio nazionale e fuori d’Italia. Lo conferma anche l’inchiesta odierna della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, coordinata dall’aggiunto Calogero Paci ed eseguita dal personale della polizia di Stato di Reggio Calabria diretto dal questore Bruno Megali.
La storia dei due clan
Il sodalizio ndranghetistico «Piromalli&Molè» si salda grazie al meccanismo dei matrimoni incrociati che blindano con il rapporto di sangue il tentativo di «sovvertire l’ordine costituito» sul territorio, e soprattutto, salvaguardare il gruppo dai potenziali collaboratori di giustizia. Rocco Molè (assassinato nel 2008) e i fratelli più giovani in atto reclusi, sono figli di una Piromalli, sorella dei più noti Mommo, Giuseppe e Antonio, il ceppo antico del "casato mafioso", da tempo deceduti, e ben presto diventano l’altra gamba della cosca, curando l’organizzazione militare del gruppo, le estorsioni, le minacce e gli abusi nella Piana di Gioia Tauro. Addirittura, come hanno affermato oggi gli inquirenti, ci sono operatori economici gioiesi che si dicono "onorati" di potere soddisfare le richieste dei boss di dazioni di danaro per sostenere i carcerati della cosca. I cugini Piromalli, invece, curano le "relazioni istituzionali" con altri poteri criminali e con il mondo della politica e della massoneria deviata.
La rottura
L’atto di rottura è nell’aria e si determinerà il 1 febbraio del 2008 quando un gruppo di killer intercetta e uccide Rocco Molè. Un segnale di aperta sfida, di cui sono sospettati i Piromalli, contro i cugini, ma anche diretto alle altre cosche della 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro su «chi è che comanda ancora». I Molè, pur contando su altri alleati, sembrano incassare il colpo, un atteggiamento che si rivela tattico, in attesa probabilmente dell’uscita dal carcere dei fratelli di Rocco Molè, Girolamo e Domenico. Con le operazioni «Tirreno» e «Cent'anni di storia», magistrati e forze di polizia, grazie anche alle collaborazioni dei pentiti, ricostruiscono però decine di omicidi, intimidazioni, estorsioni eseguite soprattutto dai Molè. Addirittura, il pentito Annunziato Raso, uno dei killer 'full timè dei Piromalli-Molè, racconta della permanente presenza in contrada "Sovereto" di Gioia Tauro, in una masseria dei Piromalli, di decine di giovani affiliati sempre pronti ad eseguire le sentenze di morte contro chiunque tentasse di ribaltare il potere delle due famiglie. Gli interessi sono enormi, così come gli appetiti, a partire dal controllo del porto di Gioia Tauro per le sue implicazioni nel traffico di cocaina in arrivo dal sud America. I Piromalli-Molè, infatti, hanno costruito nel tempo solidi riferimenti tra i 'cartellì colombiani, contando su personaggi a loro fedeli per i pagamenti delle grandi quantità di stupefacenti, con base anche in Spagna, e per organizzare puntualmente e in sicurezza la spedizione dello stupefacente. Come dicono gli inquirenti, molti dei loro carichi di cocaina venivano recuperati anche prima dell’attracco delle navi container a Gioia Tauro, utilizzando persino palombari di nazionalità peruviana, e la flotta peschereccia del basso Tirreno che basa nel porto. A dominare da decenni il mercato ittico di Gioia Tauro, infatti, uno degli arrestati di oggi, Antonio Albanese, suocero di Girolamo "Mommino" Molè, nonno di Rocco Molè, 26 anni, anch’egli arrestato la scorsa notte, sospettato di essere il nuovo capobastone dei Molè, nonostante i tre anni trascorsi a Torino in una delle comunità gestita da don Ciotti, nell’ambito del programma di reinserimento "Liberi di scegliere". Gli arresti odierni sarebbero la prova che la famiglia si era rimessa in sesto dopo lo scontro con i Piromalli.
Chi è Rocco Molè
Alcuni anni fa aveva aderito al programma «Liberi di ricominciare» che ha l’obiettivo di strappare i ragazzi alle famiglie mafiose di appartenenza. Rocco Molé, figlio del boss Girolamo "Mommo" Molè, però non ce l'ha fatta, è ritornato a Gioia Tauro e, a soli 26 anni, è il nuovo boss dell’omonima cosca e dell’organizzazione di narcotrafficanti. È quanto emerge dall’inchiesta «Nuova Narcos Europea», coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. È proprio Rocco Molé uno dei principali indagati arrestati stamattina dalla squadra mobile e dallo Sco nell’ambito della maxi operazione coordinata, oltre che dalla Dda di Reggio, da quelle di Firenze e Milano. Il rampollo della 'ndrangheta è stato raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e del pm Paola D’Ambrosio. Rientrato in Calabria, Molé era stato già arrestato nel marzo 2020, in pieno lockdown, perché trovato in possesso di mezza tonnellata di cocaina. La droga era nascosta in una masseria di Gioia Tauro, oggi sequestrata, dove erano stati rinvenuti cinquecento panetti da un chilo alcuni dei quali marchiati con il logo «Real Madrid», giunti nei giorni precedenti al porto di Gioia Tauro, occultati all’interno di un container commerciale. Molé non è l’unico rampollo della 'ndrangheta. Tra i gli arrestati compare anche Teodoro Crea, detto «Teodorino», di 20 anni. È il nipote omonimo dell’anziano boss di Rizziconi conosciuto con il soprannome di «Toro» Crea.
"Col tempo ci rialzeremo"
Nelle intercettazioni Rocco Molè diceva a uno dei due chimici sudamericani ingaggiati per il trattamento della droga: «Siamo una delle famiglie, una di queste due è la mia che avrà modo di rialzarsi, di riprendersi, tutto il tempo ma io mi rialzo». Lo ha rivelato il capo della Procura DDA di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, nel corso della conferenza stampa tenuta in Questura a Reggio Calabria per illustrare i dettagli sull'operazione «Nuova Narcos Europea». Bombardieri in particolare ha ringraziato gli investigatori della Squadra Mobile reggina, col nuovo dirigente Alfonso Iadevaia, e in particolare il suo predecessore, Francesco Rattà, nuovo capo della Squadra Mobile di Roma, che ha condotto le indagini sfociate oggi nell’esecuzione delle misure cautelari. Oltre al traffico internazionale di droga, la cosca Molè aveva preso possesso del mercato ittico di Gioia Tauro. «Vi sono riscontri - ha spiegato Bombardieri - sull'imposizione della cosca sia per il conferimento del pescato alle due aziende sequestrate nonché per l’acquisto del pescato. In maniera violenta, non era lasciato spazio ad altre aziende. Estorsioni finalizzate al reperimento di soldi anche per il mantenimento delle famiglie dei detenuti e dei detenuti stessi».
Un arrestato: "Se non pagano gli taglio il cuore"
«Comunque qualche cosa di soldi ci danno lo stesso, certo non tutto» ma «ce li devono dare, noi abbiamo rischiato, ce li devono dare se no... Se no entro dentro casa e gli taglio il cuore». Così uno degli arrestati nell’ambito dell’operazione condotta oggi dalla Dda di Firenze, Rocco Molé, intercettato mentre parla con suoi complici del compenso previsto per un recupero di cocaina al porto di Livorno. Recupero sfumato perché la droga non era arrivata a destinazione. Un tornaconto economico, sosteneva Molè, doveva essere loro riconosciuto comunque, se non altro per il rischio corso di essere scoperti. In un’altra conversazione, relativa al recupero di un altro carico di cocaina, nel novembre del 2019, Molè fa riferimento a un ingente quantitativo di denaro, 500.000 euro, che aveva portato con sé a Livorno e che avrebbe dovuto in parte essere utilizzato per pagare tutti coloro che aveva preso parte all’operazione, compresi i portuali. Nel corso della stessa discussione il portuale Massimo Antonini manifesta la paura di essere arrestato e di finire in carcere: «Non sono come voi - dice rivolto al calabrese Molè - che avete tutti i parenti che vi vengono a trovare, io rimango solo abbandonato». I destinatari degli arresti in carcere del filone curato dalla Dda di Firenze oltre a Rocco Molè, 26 anni di Cinquefrondi (Reggio Calabria), e a Massimo Antonini, 64 anni di Livorno, sono Francesco Riitano, 41 anni di Guardavalle (Catanzaro); Giuseppe Antonio Ierace, 42 anni di Catanzaro; Antonino Fonti, 39 anni di Messina; Mario Billi, 43 anni di Livorno; Fabio Cioni, 60 anni di Livorno; Francesco Nicodemo Callà, nato a Mileto (Catanzaro) di 67 anni; Simone Ficarra 20enne di Gioia Tauro (Reggio Calabria); Domenico Ficarra, 38enne nato a Saronno (Varese). Altri due soggetti sono al momento latitanti.