La gravità di quanto sta accadendo era ieri nella gradinata dello stadio, in parte divenuta nera come l’umore dei sidernesi, che, seduti su quei blocchi, erano abituati ad assistere a spettacoli migliori: calcio, atletica, sport, decenni di vittorie, pareggi e sconfitte.
È di ieri la sconfitta più bruciante, perché quando qualcuno decide di dare fuoco a mezzi di proprietà comunale significa che il concetto di bene comune è irrimediabilmente smarrito. Almeno da una parte della società, piccola, minoritaria, ma non ancora individuata. Che in questo novembre nero che segue il mese che ha segnato il ritorno alla democrazia compiuta sta continuando a mirare al cuore della città, parlando l’unico linguaggio che conosce: fuoco e pallottole, roghi e intimidazioni, paura e sgomento.
Chi si è introdotto, verosimilmente prima dell’alba, all’interno dello stadio comunale, ha mostrato di conoscere bene il luogo in cui erano parcheggiati i mezzi: due dentro un deposito ricavato sotto la gradinata, uno appena fuori il deposito e il quarto dentro un recinto esterno: un vecchio camioncino circondato da sacchi, reti metalliche e pali sistemati alla bell’e meglio da una parte, pallets di materiali edili e tubi in plastica dall’altra. Nel lato a ovest, invisibile dalla pista di atletica e dal rettangolo di gioco, dall’altra parte rispetto all’ingresso principale e alla casa del custode e lontano anche dagli ingressi principali della gradinata. Vi si accede da una stradina sterrata poco percorribile dalle auto per il manto stradale dissestato e nemmeno i tifosi che vanno a vedere la partita ci buttano l’occhio. Insomma, l’impressione è che chi ha voluto, ancora una volta, colpire, lo abbia fatto dopo una accurata preparazione del disegno criminoso, studiando bene ora, luogo, punti di accesso e mezzi.
I dipendenti comunali, giunti sul posto dopo l’intervento e i rilievi dei Carabinieri, giurano che a memoria loro è la prima volta in assoluto che si assiste a simili atti nella storia di Siderno. Si fa la conta dei danni e degli arnesi sottratti per favorire la fuga e poi abbandonati al di là del muro. L’odore della gomma bruciata degli pneumatici, delle lamiere e della tappezzeria punge le narici. Si fanno le prime ipotesi, cercando gli elementi comuni.
Quello che salta di più agli occhi è l’utilizzo della “Diavolina”, un prodotto comunemente usato per accendere camini, stufe e barbecue. In genere evoca momenti di quiete e tepore domestico, o allegre grigliate in compagnia. Ieri – i più assicurano che anche quando bruciarono le auto del consigliere Mimmo Catalano fu così – è diventato strumento di distruzione, posizionato sulla parte alta degli pneumatici per appiccare il fuoco e farlo crescere con la combustione delle gomme, dal basso verso l’alto.
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