Giuseppe Pelle, considerato capo strategico e membro dei vertici della 'ndrangheta, è stato arrestato dalla polizia in un blitz scattato nella notte tra il 5 e il 6 aprile del 2018 a Condofuri, in provincia di Reggio Calabria. Pelle era nascosto in una abitazione isolata in una zona impervia alle porte del paese calabrese.
Il blitz all'alba del 6 aprile 2018
Al blitz nelle campagne calabresi hanno partecipato una cinquantina di uomini della squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo della Polizia, coordinati dalla Dda reggina. I poliziotti hanno scovato il boss in un'abitazione completamente isolata in una contrada impervia nell'entroterra: non vi era alcuna strada per accedervi e la casa era posizionata nei pressi del greto di un torrente. Quando è scattato il blitz, all'interno della casa c'erano oltre al boss altre persone. Nessuno di loro ha opposto resistenza. Pelle, adesso 61nne, era latitante dal 2016. E’ considerato dagli inquirenti elemento di spicco delle cosche di San Luca e facente parte della 'Provincia', uno degli organi di vertice della 'ndrangheta.
Giuseppe Pelle era ricercato per associazione mafiosa ed estorsione. L'uomo appartiene alla potente famiglia dei "Gambazza" di San Luca, un tempo guidata dal padre Antonio Pelle, elemento di vertice della 'ndrangheta fino alla sua morte, avvenuta nel 2009. Pelle è legato anche alla potente famiglia Barbaro di Platì guidata dal boss ora all'ergastolo Francesco Barbaro, detto u castanu, per averne sposato la figlia Marianna. Giuseppe Pelle deve scontare una pena residua definitiva di 2 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione mafiosa e tentata estorsione. Nel 2017, mentre era già latitante, nei suoi confronti è stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ambito dell'inchiesta denominata "Mandamento Ionico", coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, per tentata estorsione e illecita concorrenza, aggravate dal metodo mafioso. In particolare è accusato di avere tentato di accaparrarsi i proventi derivanti dall'esecuzione di lavori pubblici in alcuni comuni della Locride.
Incontrava la moglie durante la latitanza
Giuseppe Pelle incontrava frequentemente la moglie nonostante fosse ricercato dalle forze dell’ordine. Proprio grazie all’efficiente rete di protezione messa in piedi dai suoi congiunti più stretti, Pelle vedeva la moglie Marianna Barbaro, figlia di Francesco Barbaro, condannato alla pena dell’ergastolo. Prima della cattura, a Condofuri, come emerso dalle indagini, Pelle aveva trascorso la sua latitanza spostandosi tra San Luca e Platì (RC), in un immobile non lontano da quello della figlia Elisa, con la quale sarebbe stato in contatto. Proprio in occasione di uno di questi spostamenti, nel settembre 2016, Pelle era risuscito a sfuggire alla cattura grazie ad un servizio di staffetta organizzato dal genero Giuseppe Barbaro e dal nipote Antonio Pelle, 36 anni, mentre si trovava a bordo dell’auto con il figlio Antonio Pelle, di 35 anni.
Dopo la mancata cattura, i parenti ed i fiancheggiatori di Pelle adottarono condotte ancora più accorte per eludere le indagini, senza che ciò impedisse alla moglie di incontrarlo periodicamente proprio con l’aiuto dei figli e del genero Giuseppe Barbaro.
Le persone arrestate oggi e che avrebbero coperto la sua latitanza
Ci sono la moglie, i figli, un nipote e un genero del boss Giuseppe Pelle, detto «Gambazza», tra le persone arrestate stamane dalla Polizia nell’ambito dell’operazione «Defender». Avrebbero organizzato una rete di protezione attorno al loro congiunto, arrestato nel 2018, durante la sua latitanza. Le misure cautelari emesse dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria riguardano la moglie del boss, Marianna Barbaro, di 55 anni; i figli Antonio, Francesco ed Elisa di 35, 22 e 35; il genero Giuseppe Barbaro di 36, il nipote Antonio Pelle di 36. Gli altri arrestati sono Giuseppe Morabito di 61 anni e Girolamo Romeo di 43.
Grazie alla loro complicità, Pelle si sarebbe sottratto all’arresto fino al 2018, eludendo i controlli delle forze di Polizia e incontrando frequentemente la consorte. Il nome dell’operazione è legato al fatto che il boss si spostava a bordo di un Defender, protetto da una rete di sorveglianza fatta di staffette e vedette.
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