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Platì e la nuova vita dei cunicoli: «Così la cultura sfratterà le 'ndrine»

Parla il coprogettista di uno dei più significativi interventi finanziati nel Cis. Arte ottica, sensoriale e acustica tra i vecchi “budelli” delle cosche. «Lo Stato qui è assente o vessatorio, doveva aprirci questo credito»

Piero Schirripa ci riprova. Il medico che negli Anni ’90 fondò la cooperativa “Valle del Bonamico” per il reinserimento sociale di detenuti e figli di ’ndranghetisti, è tra i coprogettisti dell’intervento finanziato per 2,3 milioni di euro con la prima tranche del Cis “Svelare bellezza” denominato “Dai cunicoli furtivi a centro espositivo sotterraneo – Produrre cultura e riqualificare il paese” proposto dal Comune di Platì.

- Un’esposizione culturale nei bunker della Platì sotterranea un tempo abitata dai latitanti. Com’è nata l’idea?

«Ne sono coautore perché molto ne ho parlato con monsignor Bregantini e don Ennio Stamile di Libera. Il sindaco e l’amministrazione sono i nostri primi sostenitori. A Platì c’è la grande mafia, con corredo di violenza vicina e lontana, con ferite sociali e familiari, con illegalità diffusa dalla guida dei motorini senza casco alla evasione dei tributi, con ricchezza illegale e non dichiarata ma esibita nei matrimoni e nei compleanni. C’è però tanta gente onesta che vive di lavoro e di commercio. Ci sono le serre dei lamponi ancora propulsive di sviluppo, capaci di produrre 500mila cassette di lamponi e dare lavoro a duecento operai. Il paese è il nostro solito vecchio (non antico) borgo con case affastellate in strette viuzze. Questa è la Platì che appare e non è dissimile da altri paesi dell’Aspromonte con il buono e il cattivo dell’insieme. La differenza la fanno i bunker, cioè la città sotterranea e diversa che la grande mafia e i grandi traffici hanno costruito come doppio clandestino, come altro Stato sia come appartenenza a un diverso potere che come espressione di belligeranza armata contro lo Stato. Negli anni, con guerra di attrito, il potere dello Stato ha conquistato i bunker della città sotterranea, che ora però e purtroppo vengono esibiti spesso come memoria di vergogna. L’idea è una scelta di campo per affermare una speranza progettuale come sono stati i lamponi e cancellare il simbolo della vergogna con un messaggio di alta cultura e arte che sono il bene supremo dei popoli».

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