Cinquantadue anni sono trascorsi alla Rivolta di Reggio. Un tempo sufficientemente “largo”. Oltre mezzo secolo di vita. Dal 14 luglio 1970 al 14 luglio 2022: sono passate almeno due generazioni (forse tre) di reggini e, forse, i millenians non sanno neppure cosa fu quella Rivolta che segnò il destino della città. Cinquantadue anni, dunque, sono un tempo che dovrebbe bastare per fare decantare i fatti della cronaca viva e pulsante e trasformarli in documenti di storia fredda e obiettiva.
Dopo cinquant’anni anche la Seconda Guerra Mondiale è stata vivisezionata e consegnata agli archivi della Storia con buone pace di vincitori e vinti. Dopo cinquantadue anni, invece, la Rivolta di Reggio continua a dividere la città in guelfi e ghibellini. Come una di quelle celebri barricate del luglio 1970: o di qua, o di là. Tertium non datur. Nel 2020, per esempio, in occasione del Cinquantenario della Rivolta non si è riusciti nemmeno a costituire un unico “Comitato” per celebrare degnamente quei fatti del 1970 che, comunque li si voglia “leggere”, fanno ormai parte della Storia di Reggio. E la memoria è un “vizio” che va coltivato con ostinazione, perché senza conoscere quei fatti e conservare la storia di questa città non si possono capire il presente e le cause di una realtà così difficile e complessa e non si può nemmeno tentare di immaginarne il futuro.
Il motivo che portò tutta la gente di Reggio – uomini, donne e ragazzi – in piazza è arcinoto; il motivo per il quale i reggini si sentano ancora oggi in credito con lo Stato pure. Perché dopo cinquantadue anni Reggio si sente ancora sopraffatta e truffata da quel famigerato “pacchetto Colombo”. Dopo 52 anni il risarcimento dello Stato a Reggio per la scelta di “incoronare” Catanzaro capoluogo di Regione si è trasformato in... nulla.
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