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Da Parigi a Reggio, scrittore maghrebino si aggiudica il premio Rhegium Julii

Tahar Ben Jelloun vive a Parigi da una vita ma la radice mediterranea è rimasta ben piantata nell’animo del poeta romanziere intellettuale maghrebino che ha svelato all’Europa e all’Occidente la cultura islamica e narrato tradizioni vicende umane e contraddizioni di un mondo a noi vicino e lontano.

Lo sguardo dello scrittore, nato a Fès, in Marocco, non è diventato occidentale, seppure, inevitabilmente, contaminato dalla cultura e dalla lingua francese che è quella con cui scrive e forse ormai pensa, come cittadino di Parigi.

Ha ancora la visione mediterranea nell’umano sentire Ben Jelloun e il mare più antico del mondo, il vecchio mare greco – che è di tutti e di nessuno – si specchia nei suoi occhi di arabo della diaspora. Da Parigi o da altre parti del mondo dove si reca per le sue conferenze, per presentare i suoi libri, per ricevere premi e riconoscimenti, scruta i movimenti del mondo mediterraneo; sta attento ai moti improvvisi e ne teme gli spasmi, soprattutto dove la rabbia ribolle invisibile, come massa liquida sotto il vulcano.

Lo incontro a Reggio Calabria, dove è giunto da Parigi per ricevere il prestigioso premio internazionale Città dello Stretto del Rhegium Julii, che nell’albo d’oro ricorda l’aristocrazia mondiale della letteratura: il greco Ghiannis Ritsos, il russo Josif Brodski, l’americana Toni Morrison, il caraibico Derek Walcott, l’irlandese Seamus Heaney, lo spagnolo Ildefonso Falcones, l’italiano Claudio Magris e Adonis (all’anagrafe Ali Ahmad Sa'id) poeta arabo-siriano, e parigino, proprio come Bel Jelloun.

«Sono veramente onorato di entrare a far parte di questo palmarés», mi dice e sorride, sorpreso, quando gli dico che ci troviamo nel centro geometrico esatto del Mediterraneo, davanti a quello Stretto dove sono racchiuse tutte le storie e le leggende dell’universo mediterraneo. Siamo, dunque, nel luogo giusto per chiedergli, all’inizio della nostra conversazione, a cui sono presenti i poeti Dante Maffia e Renè Corona, che ci aiuta come interprete, anche se lo scrittore comprende bene l’italiano, pur se preferisce rispondere in francese, che cos’è per lui il Mediterraneo.

«Il mare Mediterraneo – dice – non è un luogo geografico, ma una visione di mondo, un modo di vivere e di abitare nel mondo. Nonostante sia un universo ferito e viva nel disordine, è sinonimo di vita. È il luogo dove, nonostante tutto, ogni mattina la vita prevale e trionfa».

Oggi nell’Occidente, nell’Europa il Mediterraneo è visto più come una frontiera da sbarrare, da chiudere, per bloccare il passo dei migranti, che altro, dimenticando ciò che questo mare ha rappresentato e tuttora rappresenta. Qual è il suo pensiero sul fenomeno dell’immigrazione, che mette tanta paura, irrazionale, spesso immotivata, all’Occidente?

«Non ci sono parole giuste per dare un senso a quanto accade nel mare Mediterraneo, diventato un cimitero di uomini, donne, bambini che hanno trovato “asilo” nei suoi fondali, anziché nei luoghi che volevano raggiungere e che dovevano accoglierli. Migliaia di persone si sono avventurate nel mare Mediterraneo, che per loro è un passaggio obbligato, per rinascere, ma il mare si è tragicamente trasformato nell’ultima dimora; nella tomba delle loro speranze. Questa è la madre delle tragedie in questo inizio di millennio: l’esodo, inarrestabile, di migranti traghettati verso la morte dai nuovi negrieri, attraverso quel mare che ha unito, nei secoli, sponde, culture e destini. Che cosa possiamo dire di fronte alla madre di tutte le tragedie? Possiamo solo dire che gli dei sono rimasti calmi, gli uomini si sono mostrati distratti e il cielo è rimasto indifferente. Non c’è una spiegazione se non che le relazioni tra mondo mediterraneo ed Europa non sono sane; sono ambigue. Prima c’era il colonialismo, e ora che non c’è più gli uomini politici che governano l’Africa, uomini corrotti, senza qualità, stanno al loro posto perché conviene alla politica europea ed ai suoi leader che dovrebbero, invece, fare pressioni su di loro, per impedire questi viaggi di disperazione, speranza e morte, aiutandoli a creare sviluppo nei loro stessi Paesi, ed evitando di favorire le mafie che sono quelle che guadagnano sulla pelle degli immigrati. L’Europa ha tirato via i piedi dal Sud del Mediterraneo, senza capire che l’avvenire dell’Europa e invece lì, nel Sud. Se lo si aiuta si renderà irreversibile il processo democratico e si allontanerà lo spettro dell’integralismo e del terrorismo che sono nutriti dalla povertà, dall’ignoranza e dalle disillusioni».

Lei pensa che esista un’anima antica mediterranea che accomuna tutti i popoli delle due sponde del vecchio mare?

«Ah, la grande anima mediterranea! Il Mediterraneo è una perla e come tutte le pietre preziose è sorto dalle viscere della storia; è un enigma, un mistero che affascina e intriga. Prima ancora che un modo di vivere è un modo di essere e nell’essere si perdono o si confondono, mescolandosi, affetti interessi familiari, pulsioni irrazionali. È una questione di grammatica o di sintassi o di cultura che nel Mediterraneo non sono come altrove; per cui si può parlare di anima mediterranea e si vorrebbe certo che ci fosse, ma, attualmente, c’è un rifiuto dell’idea di una comune anima. Comunque, non bisogna abbandonare l’idea del mare Mediterraneo come riferimento per una visione del mondo. Bisogna crederci, nonostante le contraddizioni della realtà. L’anima c’è, ma soffre; bisogna purificare i nostri cuori, le nostre orecchie e i nostri occhi, per capire e vedere questo dolore».

Che ne pensa del populismo, del sovranismo, fenomeni dei nostri tempi?

«Questa è l’epoca dell'egoismo, del disastro della politica. C’è una volontà di ripiegamento su se stessi a livello mondiale. La democrazia, che è il male minore o il sistema migliore che ci sia, ha permesso a degli stronzi (Ben Jelloun pronuncia questo termine in italiano, ndr) di governare. Allora si erigono muri, si chiudono le frontiere, si armano le guardie, ma nessun problema è risolto. È una tendenza sempre più diffusa, che ci inquieta tutti, preoccupante quando interpreta la volontà della maggioranza delle popolazioni».

Come si può salvare il Mediterraneo?

«Ci sono stati vari tentativi di unione nel mondo mediterraneo, ma sono falliti. Ci sono due Mediterranei, uno del nord poco popolato e molto ricco, e uno del sud molto popolato e molto povero. Bisogna ridurre le distanze, ma la politica europea non dimostra di avere interesse in questo senso, gli interessi della Francia e di altri Paesi sono altri. Tante risorse sono state attivate, ma non hanno influito sul miglioramento delle condizioni dei popoli. Se non si creano nelle regioni più sottosviluppate le condizioni per una vita dignitosa i poveri continueranno a fuggire, dalla fame o dalla guerra poco importa. Questo i grandi della Terra devono capire. Che una volta tanto ascoltino le parole di papa Francesco e allora il Mediterraneo, l'Europa e il mondo forse troveranno un po' di serenità».

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