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Catonateatro festeggia 35 anni con la magia di Massimo Ranieri: le foto

«Tanti auguri a Catonateatro per i suoi 35 anni di vita. Grazie di esistere». Così uno straordinario Massimo Ranieri, protagonista di una due giorni memorabile, rende merito a questo pezzo importante di storia culturale cresciuta in riva allo Stretto. L’omaggio è in musica, “L’Istrione” di Charles Aznavour, ed incanta il pubblico mentre gli occhi di Lillo Chilà si accendono di emozione: «Tanti anni fa, ho regalato a questo amico carissimo un ulivo, perché lo rappresenta bene. Piccolo e forte come lui, produce frutti meravigliosi. Uno di questi, lo voglio cantare questa sera e dedicare a questo meraviglioso teatro».

Una doppia serata di altri tempi, che il pubblico dell’arena “Alberto Neri” porterà a lungo nel cuore e nella mente. Firmata da colui che della canzone, ma ancor più dell’arte italiana e napoletana, ha fatto un vessillo intatto di sentimenti e di emozioni. Valori che porta tutti addosso una “bambina” speciale: Mimma, cent’anni e non sentirli affatto, alla quale i figli, per renderne ancora più speciale il compleanno, hanno regalato un posto vicino al grande artista. «Il primo applauso della serata lo dovete proprio a lei – esordisce Ranieri rivolgendosi al pubblico –. Grazie nonna Mimma. Sei la nostra memoria; la nostra storia».

Poi dentro quel mondo dove le note, prima ancora delle parole, hanno il magico effetto di anticipare quel viaggio nell’infinito che Massimo Ranieri continua a regalare con semplicità e naturalezza disarmanti. “Sogno e son desto ... oggi è un altro giorno” – versione rinnovata del suo ormai leggendario show, ideata e scritta da Gaultiero Peirce e lo stesso attore napoletano – diventa un fiume di storia italiana. “Vent’anni”, “Mi troverai”, “Quagliarulo”, “Se bruciasse la città”; ed ancora, “Tu sì ’na cosa grande”, “Pigliate ’na pastiglia”, “Resta cu ’mme”, “’O Sarracino”. Ed è perfetto il mix tra tradizione napoletana ed omaggio ai grandi sognatori e ai classici del cantautorato italiano. Ma c’è anche tanto di personale nel primo contratto da giovincello con una nota azienda produttrice di pasta e nel “privilegio e l’onore”, quarant’anni fa, di approdare alla corte del grande regista e maestro Giorgio Strehler che lo scritturò per un ruolo di un’opera di Brecht. Pagine di vita che s’intrecciano nella scelta, «quando le cose stavano andando molto bene, di smettere di cantare e sperimentare nuove esperienze, migliorandomi. Poi, sono ritornato all’origine e a sentire i brividi di Sanremo, quando mi sono imbattuto nell’ascolto di “Perdere l’amore”: è stata una scintilla fatale che mi ha regalato il podio del Festival», ammette Ranieri. Ed ha sapore di altri tempi anche l’immagine di quel “vecchio” pescatore napoletano, davanti al Castello in via Caracciolo, abbrustolito dal sole che non aveva paura ad affrontare di notte il mare nero. «Mi diceva: è una sensazione che mi dà pace. Ma ricorda: il mare è un fetentone. Prima ti vuole bene, poi ti tradisce. Questa raccomandazione, dopo tanti anni, non l’ho più dimenticata. Proprio per questo, “Sogno e son desto”».

L’attualità è sempre a fare da sfondo alle emozioni perché musica e testi non sono mai disgiunti dal nostro Paese. Così, con tanto di applausi, il pubblico si sintonizza su “Codice della vita italiana” di Giuseppe Prezzolini del 1821. «I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi. L’Italia va avanti perché ci sono i fessi che lavorano, pagano, crepano. Ma chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono. Il fesso, in generale, è stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo».

Ed ancora, il suo ultimo singolo “Mia Ragione”; e poi “Rose rosse”, “Anema e core”. Il bis conserva intatta l’intensità di un grande evento, dove anche la pioggia che ha deciso di farsi da parte in nome di un grande artista che, come pochi, sanno ridipingere, a modo suo, le pareti della vita.

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