C'è una "mission" comune tra giornalista e narratore: scavare la pietra del silenzio e riportare in vita quella montagna di “rimosso” che circonda alcune storie, e interi periodi della storia italiana. Con Mario Calabresi andiamo nel cuore degli anni 70; un tempo complesso, segnato da ferite ma anche da desiderio di rigenerazione». Così la giornalista Anna Mallamo, responsabile della pagina culturale di “Gazzetta del Sud” e blogger (@manginobrioches), introduce l'ultimo libro dell'ex direttore de “La Stampa” e de “La Repubblica”. “Quello che non ti dicono” (Mondadori) è la storia di Carlo Saronio, rapito e ucciso nell'aprile del 1975: uno dei tanti morti di quegli anni bui. L'occasione è la consegna a Calabresi del premio giornalistico nazionale “La Matita Rossa e Blu”, prestigioso riconoscimento promosso dalla Fondazione Italo Falcomatà. La serata al Circolo del Bridge, presentata da Manuela Martino ed aperta dai saluti di David Ceccanti, presidente del sodalizio reggino, si snoda nel dialogo con l'autore ,Anna Mallamo ed il giornalista e saggista Giuseppe Smorto. E non mancano le emozioni nell'accompagnamento musicale alla chitarra del maestro Antonio Barresi: “Ed intanto tempo se ne va” sembra un richiamo al ventennale dalla scomparsa dell'indimenticato sindaco della primavera reggina, le cui celebrazioni si sono aperte proprio con il premio giornalistico. «Abbiamo tante cose in animo: quest'evento è il modo migliore avvicinarsi ad un appuntamento molto sentito», sottolinea il primo cittadino Giuseppe Falcomatà. Ed ecco un punto focale: le storie ci scelgono e ci raggiungono ovunque; ma poi spetta a noi andarle a cercare, con la sete di curiosità e di ricerca. Proprio come ha fatto Calabresi, immergendosi «nell' “acqua scura” - come recita uno dei capitoli del libro - per riuscire a dare un nome preciso alle cose» e rendendo verità umana al bisogno di Marta - nata dopo soli otto mesi dalla sua morte di Carlo - , di fare luce sulla morte del padre, ingegnere milanese, cresciuto nella ricchezza e ricercatore all'Istituto Mario Negri di Milano. «Pensavo di non ritornare più sul quel periodo che avevo già abbondantemente indagato nel precedente libro “Spingendo la notte più in là”. Poi, nell'ottobre 2019 - spiega Calabresi - , ricevo la mail di Piero Masolo, prete missionario in Algeria e nipote di Carlo Saronio per chiedermi aiuto e trovare risposta ai tanti perché rimasti sulla carta. Ad un certo punto, la ricerca si incrocia con l'ultima indagine di mio padre (il commissario Luigi Calabresi ucciso cinquant'anni fa, ndr); e quella storia è diventata la mia storia. Era la chiusura del cerchio». Calabresi colma i vuoti del tempo; ricostruisce la vicenda riconsegnando volti, protagonisti, momenti clou e la «frattura» interiore di Carlo che ha vissuto la sua breve vita nel tentativo quasi di «espiare» la sua appartenenza a una classe ricca, come una colpa che lo tormentava. «Ma dove trova questa forza così tranquilla, portando nel cuore una ferita così grande?», chiede Smorto a Calabresi. «Devo ringraziare mia madre per non avermi mai fatto mai percepire mio padre come un tabù, ma per averne tenuta sempre viva la memoria. Rifuggo - sottolinea - da definizioni come eroe, santo, martire. Lui amava il suo lavoro ed aveva il senso delle istituzioni». Ed aggiunge: «Non ci potranno mai essere ex assassini; ma solo ex terroristi ai quali chiederei una sola cosa: riconsegnarci parti di verità nascoste, in cambio di clemenza, per riempire tanti pezzi mancanti del puzzle. Il processo che ha riguardato mio padre è stato l'iter giudiziario più lungo della storia di Italia. Più garanzie di così!». Infine, la consegna del premio nazionale a Calabresi da parte di Valeria e Giuseppe Falcomatà, i figli del compianto sindaco. «Giovanissimo, ha raccontato le Torri Gemelle da inviato speciale e le elezioni di Obama da corrispondente dagli States. Direttore della Stampa e poi della Repubblica, Mario Calabresi - recita la motivazione - esplora oggi le nuove frontiere del giornalismo; ha fondato Chora Media, società che produce podcast di alta qualità». Quindi, Rosetta Neto, presidente della Fondazione Italo Falcomatà, ha ringraziato tutti e concluso riprendendo anche le parole di Calabresi: «La memoria è raccontare il passato ed avere carburante per il futuro. Bisogna andare avanti con il cuore pieno di gioia».