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Bronzi, «Patrimonio di tutti». Parla Bray, ministro della Cultura all’epoca del secondo restauro

Le due straordinarie statue possono essere «simbolo di un modo differente di immaginare il turismo in Italia», di un diverso «modello di crescita»

Sull’asse Riace Marina – Reggio Calabria per l’intera giornata di ieri si sono svolti gli eventi celebrativi dei 50 anni dal ritrovamento dei due superbi Bronzi. Dalla spiaggia del piccolo centro ionico a Palazzo Piacentini di Reggio Calabria, sede del Museo Archeologico – la “casa” dei Bronzi – e poi ancora oltre sul Lungomare Italo Falcomatà, si sono succeduti appuntamenti, incontri e manifestazioni per celebrare gli enigmatici eroi riemersi dal mare.

Sul valore dei due capolavori che travalica la ricorrenza del cinquantenario, abbiamo ascoltato una persona che per motivi istituzionali e sensibilità personale è stata particolarmente vicina ai Bronzi in un momento molto delicato della loro nuova vita, il secondo restauro svoltosi nel laboratorio aperto di palazzo Campanella (sede del Consiglio regionale della Calabria) finito a dicembre 2013. Si tratta del professore Massimo Bray, direttore editoriale dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani e Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nel governo Letta dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014.

Professore, lei che ha seguito da vicino il lavoro di restauro nel laboratorio aperto di palazzo Campanella che emozioni prova oggi vedendole al centro dell'attenzione mediatica generale?
«È una grande emozione. In questo momento in cui si celebrano questi due capolavori dell’umanità mi piace pensare non solo ai restauratori recenti come Nuccio Schepis, ma anche a chi li ha preceduti come Paola Donati e Francesco Nicosia. Persone dotate di una sensibilità straordinaria che hanno dimostrato come l’Italia sia in grado di raggiungere risultati eccellenti, quando riesce a fare sistema».

Passato il momento celebrativo quale potrebbe essere il contributo dei Bronzi per il progresso della società a più livelli: locale, regionale, nazionale ed euromediterraneo?
«Queste due straordinarie opere ci fanno riflettere su vari temi. Sono il simbolo di un modo differente di immaginare il turismo in Italia. Possono essere gli ambasciatori di un modello di crescita che l’Italia può scrivere all’interno della sua collocazione euromediterranea».

In che modo?
«Dando valore centrale alla scuola, la prima grande infrastruttura su cui investire. Gli studenti devono diventare ambasciatori culturali del loro territorio ma per fare questo bisogna fare investimenti importanti traguardando i cittadini di domani che devono essere capaci di comprendere, apprezzare, salvaguardare e divulgare il bello che li circonda. Questo è quello che intendo per turismo culturale: ogni capolavoro, come ad esempio i Bronzi, deve travalicare l’occasionalità della ricorrenza e diventare elemento identitario intorno al quale costruire un percorso di scoperta del territorio in cui è inserito. Sarà questa una delle leve più importanti del futuro economico del nostro Paese: trasmettere l’idea che ogni angolo del territorio possiede qualcosa di importante da comunicare».

Un lavoro che non può essere affidato solo a un ristretto gruppo di operatori turistici…
«Il valore e la specificità dei Bronzi di Riace come delle colonie greche, ad esempio, devono diventare patrimonio consapevole dall’intera comunità. Intorno alle specificità dei territori si deve creare una contiguità civile e istituzionale. Non deve essere una corsa al ribasso. Ecco perché occorre investire nella formazione e nella capacità di fare buona divulgazione come la figura di Piero Angela ci insegna. Già prima della pandemia pensavo che occorresse un grande fondo europeo per la cultura».

I beni culturali, come i nostri Bronzi, sono portatori di messaggi ulteriori oltre alla loro bellezza intrinseca?
«Quando Papa Francesco in piena pandemia si fermò in preghiera davanti a un crocifisso del ’500 che aveva “fermato” la peste riaffermò inconsapevolmente il valore culturale del bene stesso, ossia il significato che la comunità gli attribuisce. Ecco perché bisogna investire sulla comprensione e trasmissione dei valori e sulla costruzione dell’identità che di quei valori si nutre. Lo stesso vale per i Bronzi di Riace. Non sono solo manifatture preziosissime ma trasmettono valori universali che parlano a tutti gli uomini».

Se dovesse cominciare a organizzare oggi i festeggiamenti per i 100 anni dalla scoperta dei Bronzi quali sarebbero le sue priorità?
«Lavorerei sulle scelte metodologiche che, partendo dall’ascolto, devono sviluppare il coinvolgimento della comunità aumentandone la consapevolezza e la responsabilità partendo sempre dalla scuola. I Bronzi di Riace devono diventare per Reggio e per la Calabria ciò che è il David per Firenze. Due icone intorno alle quali costruire percorsi esperienziali di visita e scoperta del territorio. Ridisegnare la città intorno a valori identitari culturali è il primo passo necessario per arrivare preparati al traguardo del centenario che in fondo è solo una data ma serve per verificare il cammino che stiamo facendo».

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