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Cocaina e messaggi criptati: così funzionava il network della droga nel Reggino - VIDEO

Il procuratore capo di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri che ha svelato come il traffico internazionale di droga sfruttava dei messaggi criptati composti da soli numeri

"L'indagine è di particolare rilievo in ragione di quello che è stato accertato e di come è stato accertato. Si parte da alcuni spunti investigativi che nascevano in una precedente indagine di narcotraffico, poi sviluppati adeguatamente dal Goa di Catanzaro e dallo Scico di Roma e che hanno consentito di ricostruire un network di traffico che vedeva nelle cosche rosarnesi avere una serie di contatti con fornitori sudamericani stabilitisi nel Nord Europa". Lo ha detto il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri a margine della conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione "Crypto" che ha portato all’arresto di 57 persone per un narcotraffico internazionale di cocaina gestito dalla 'ndrangheta della provincia reggina.

"Avevano costruito un network che consentiva alle cosche rosarnesi di stabilire una serie di contatti con fornitori sudamericani che vivevano nel Nord Europa e da qui, trasportare e importare lo stupefacente nella piana di Gioia Tauro, per poi distribuirlo attraverso altri sodalizi criminali in Sicilia, Piemonte e nella nuova piazza di Malta".

Bombardieri ha poi svelato come il traffico internazionale di droga sfruttava dei messaggi criptati composti da soli numeri: "L'interpretazione di questo codice ha permesso di ricostruire il network che ha portato al sequestro di oltre 4 milioni di euro in beni e di 150 chili di cocaina e 50 chili di marijuana".

Grazie all’abilità degli investigatori è stato possibile dare un significato a questi numeri che peraltro oggi hanno trovato riscontro in un pizzino, sequestrato, riportante il codice attraverso cui i numeri vengono abbinati alle lettere. "L'operazione 'Jerry' - ha affermato il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo - aveva già ricostruito un quadro del narcotraffico internazionale. In quella prima esecuzione erano emerse due utenze criptate che erano state lasciate da parte per poi tornare nell’odierna indagine». "Il fatto che sia un’indagine per narcotraffico non deve sminuire il senso dell’operazione - ha sostenuto l’aggiunto Gaetano Paci - perchè si tratta di indagini che richiedono un approccio e un contrasto di livello molto elevato anche a fronte dei mezzi di natura tecnologica utilizzati".

I contatti con la mafia siciliana

C'era, inoltre, una consolidata sinergia fra la criminalità calabrese e quella siciliana dietro al traffico internazionale di droga stroncato stamani con l’arresto di 57 persone da parte della Guardia di Finanza di Catanzaro su mandato della Dda di Reggio Calabria. La sostanza stupefacente proveniente dalla Spagna (cocaina, ma anche marijuana e hashish) varcava lo Stretto a bordo dei mezzi dei corrieri calabresi diretti in Sicilia seguendo una rotta che arrivava fino a Malta. L’operazione, denominata in codice «Crypto», ha portato anche a ingenti sequestri di beni in diverse regioni italiane.

Tra i gruppi criminali destinatari dei carichi di droga, negli atti dell’inchiesta figurano diversi e autonomi gruppi delinquenziali: quello operante nelle zona di Amantea (CS) e Cosenza, riconducibile rispettivamente a Francesco Suriano, esponente di spicco della 'ndrina Gentile, e a Roberto Porcaro, reggente della 'ndrina Lanzino»,quello radicato nel Torinese, facente capo a Vincenzo Raso; quello operante nella città di Catania, riconducibile a Francesco Cambria, esponente di spicco del «Clan Cappello».

C'erano poi referenti operanti tra le città di Siracusa, Benevento e Milano. Tra gli acquirenti delle partite di narcotico, inoltre, sarebbero stati individuati esponenti di spicco della cosca Cappello di Catania. E’ indicativa, al riguardo, secondo le Fiamme Gialle catanzaresi e la Dda reggina, l’apertura di una rotta per far giungere la cocaina anche in territorio maltese.

Più nello specifico, nel febbraio 2018, Ivan Meo, elemento vicino al Clan catanese Cappello, e due complici non identificati, che facevano da «staffetta», raggiunsero via mare, partendo da Pozzallo (RG), a Malta, dove avrebbero consegnato droga. Come provento della consegna, Meo riportò in Italia 50.850 euro. La somma, nel corso di una perquisizione veicolare, fu però sequestrata dai finanzieri al ritorno dei corrieri a Pozzallo.

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