Lanciarazzi anticarro carichi tra le rocce dell'Aspromonte. Si segue la pista di 'ndrangheta - VIDEO
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I Carabinieri dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, hanno trovato, ben nascosti tra le rocce, due lanciarazzi anticarro e relativo munizionamento. Le armi, di chiara provenienza clandestina, sono state sottoposte a sequestro. Nei giorni scorsi, i Carabinieri Cacciatori di Vibo Valentia, nel corso di un servizio di rastrellamento svoltosi in un’area rurale pre-aspromontana compresa tra i Comuni di Caraffa del Bianco e Bruzzano Zeffirio, si sono resi protagonisti di un importante rinvenimento avente ad oggetto pericolose armi da guerra.
In particolare, giunti in un terreno incolto e di libero accesso, si sono insospettiti di un cumulo di sassi coperto da fitta vegetazione, situato alle basi di un rudere. Sollevate le prime pietre, i militari hanno intravisto un tubo in pvc di colore arancione, al cui interno hanno trovato due lanciarazzi M80 “Zolja” perfettamente funzionanti, ambedue caricati di munizionamento da 64 mm. In campo anche i Reparti specializzati del Comando Provinciale di Reggio Calabria altamente specializzati.
Dapprima i carabinieri artificieri che, dopo aver messo in un primo momento in sicurezza il sito, hanno eseguito la complessa e delicata procedura di distruzione dei due razzi per brillamento; a seguire, la Sezione Investigazioni Scientifiche che ha effettuato accurati accertamenti tecnici sul luogo del rinvenimento, volti a risalire a chi avesse la disponibilità di queste armi micidiali.
Si segue la pista di 'ndrangheta
Non si sbilanciano gli inquirenti, ma la pista che porta ai clan della 'ndrangheta è la più probabile. Il riserbo è d’obbligo, ma la scoperta dei carabinieri ha riproposto molti interrogativi sul possesso di armi da guerra pesanti in aree fortemente controllate, palmo a palmo, dalla 'ndrangheta, e sul potenziale uso che ne potrebbe fare la criminalità organizzata per colpire anche «obiettivi istituzionali sensibili».
Strumenti d'assalto
«Non lasciamoci suggestionare» dicono all’AGI fonti investigative qualificate. «I due 'Kolja 64' rinvenuti - osservano gli inquirenti - sono strumenti di offesa molto efficaci e sperimentati nei conflitti balcanici nell’assalto a fortificazioni o ai veicoli corazzati, quindi per un utilizzo a corto e cortissimo raggio, progettati negli anni '80 al politecnico di Belgrado, dotati di un programma di autodistruzione nel caso in cui il razzo non dovesse colpire l’obiettivo entro un lasso di tempo programmato, in genere sotto i dieci secondi dal lancio. D’altronde, non è una novità che la 'ndrangheta rifornisca i propri arsenali attingendo al mercato balcanico, magari scambiando stupefacenti con le armi, e sia attivissima in un più vasto traffico di armamenti».
L’attenzione degli inquirenti rimane comunque alta poiché, oltre l’allerta per monitorare eventuali azioni eclatanti contro personalità delle istituzioni, resta preoccupante la continua fibrillazione tra le cosche del basso Jonio reggino, che hanno il loro referente principale nelle famiglie di 'ndrangheta di Africo, spesso coinvolte nel corso degli ultimi anni in sanguinose faide».
Una precisa strategia
Il sequestro in questione non può di certo intendersi un caso isolato, al contrario, si inserisce in una precisa strategia del Gruppo Carabinieri di Locri, con l’obiettivo di reprimere il possesso – ma anche l’utilizzo – di armi clandestine. Anche in questa circostanza, il contributo dei Cacciatori di Calabria si è rivelato preziosissimo. Sono militari che conoscono le aree rurali e più impervie dell’Aspromonte, con l’abilità e l’intuito di scovare, nei nascondigli naturali più impensabili, armi, munizioni e sostanze stupefacenti.