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'Ndrangheta, l'asse Piromalli-Molè è di nuovo “caldo” grazie al controllo del mercato ittico

L'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, che ha portato all'arresto di 49 persone certifica il riavvicinamento tra le cosche Piromalli e Molétornate a dialogare a distanza di 15 anni dall’omicidio di Rocco Molé (1965), avvenuto il 1° febbraio 2008, ritenuto il termine di un periodo di duopolio nella Piana di Gioia Tauro. L’intento dei luogotenenti dei Piromalli – per come restituito dalle intercettazioni – appare quello di ripristinare una partnership con i Molé, che avrebbe reso più semplice il raggiungimento degli obiettivi strategici di natura illecita.

Il punto di incidenza che segna il rinnovato dialogo muove dal controllo del mercato ittico di Gioia Tauro. La ricostruzione dell’incendio di un peschereccio in un cantiere navale alla Tonnara di Palmi nell’ottobre 2020 ha permesso di dimostrare come l’evento fosse stato pianificato dalla cosca Molé, perché il proprietario dell’imbarcazione non aveva conferito il pescato al mercato ittico di Gioia Tauro, disattendendo le imposizioni mafiose relative alla gestione dell’intero settore. La distruzione del peschereccio, reso inutilizzabile, ha innescato una dinamica criminale di estremo interesse, in quanto la vittima, invece di ricorrere alle strutture preposte, ha ritenuto utile cercare la copertura mafiosa dei componenti della cosca Piromalli. Una richiesta che dietro lauti compensi è stata concessa dai vertici della consorteria in disamina. In buona sostanza, una dinamica trasversale che ha reso necessario un dialogo tra le due anime criminali di Gioia Tauro, il cui punto apicale è stato rappresentato da un summit effettuato all’interno dell’area cimiteriale del centro più importante della «Piana».

 Nel segno della tradizione mafiosa è il ruolo preminente della «casa madre» nella ripartizione delle estorsioni, applicate in maniera sistematica sulle attività economiche di Gioia Tauro

 Le operazioni svolte, nel loro complesso, hanno restituito un quadro chiaro sul controllo minuzioso del territorio effettuato dai componenti della cosca Piromalli. Un controllo effettuato in maniera pervasiva che consentiva ai mafiosi di conoscere ogni singola iniziativa economica.

Conseguentemente, i proventi del malaffare venivano ripartiti nella parte sostanziale verso la «casa madre», le cui donne ricevano parte dei profitti estorsivi.

Il monitoraggio ha restituito l’immagine di una «‘ndrangheta economica», sempre alla cerca del profitto, ma anche saldamente legata ai simboli ed alle tradizioni criminali.

Tra le forme di aggressione del territorio gli esponenti della cosca attuavano anche un diffuso racket, con particolare incidenza verso quello delle cosiddette «Guardianie» (estorsioni poste in essere nei confronti dei proprietari dei fondi agricoli i quali, pagando una quota annuale alle rappresentate della cosca competente per territorio, evitano che i terreni vengano depredati dei raccolti o danneggiati nelle culture).

Capacità di pervadere il territorio dimostrata anche dalla disponibilità di armi affidate a custodi fidati: una scelta, quella di parcellizzare i luoghi di detenzione delle armi, oculata per quel che concerne pronta disponibilità sul territorio e schermatura da sequestri imponenti da parte delle forze dell’ordine. Di contro, gli investigatori, con l’individuazione dei soggetti deputati a custodire le armi, sono riusciti a comprovare il loro ruolo nell’aggregazione di mafia individuata.

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