
Profondamente riformata la sentenza del processo stralcio nato dall’operazione “Alta tensione”. La Corte d’appello (Bruno Finocchiaro presidente, Maria Crucitti a latere) ha cancellato la condanna all’ergastolo inflitta in primo grado dal Gup a Francesco “Checco” Zindato (riconoscendolo colpevole dell’omicidio di Giuseppe Lauteta) e riformando la pena lo ha condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. La Corte, inoltre, ha escluso l’aggravante di capo promotore per Andrea Zindato, fratello di Francesco, e lo ha condannato a 13 anni e 9 mesi (in priprimo grado aveva avuto 14 anni). I fratelli Zindato erano difesi dagli avvocati Gianfranco Giunta e Giuseppe Nardo.
I giudici d’appello hanno assolto, cancellando una condanna a 16 anni, Antonino Caridi, genero del defunto boss Domenico Libri, difeso dagli avvocati Antonio Managò e Giuseppe Putortì. Assoluzione, infine, anche per Carlo Mesiano che in primo grado aveva avuto la condanna a 8 mesi e 20 giorni di reclusione. Per il collaboratore di giustizia, difeso dall’avvocato Antonino Aloi, la Corte ha escluso l’aggravante dell’articolo 7 e dichiarato la prescrizione del reato.
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