A fornire l’input agli investigatori della Polizia sulla presenza della ’ndrangheta in Piemonte sono state le conversazioni intercettate nel 2009 in una lavanderia di Siderno nella Locride. La lavanderia “Ape Green” era infatti il quartiere generale delle cosche di ’ndrangheta calabresi che facevano capo al potentato dei Commisso, gli uomini d’onore di Siderno che avevano esteso il loro potere e i numerosi business criminali all’estero, in Canada e Australia soprattutto, ma anche nel nord Italia tra Piemonte, Lombardia e Liguria. A spiegarlo è stato ieri il primo dirigente della Polizia di Stato, Luigi Silipo, oggi capo della Squadra Mobile di Torino ma dal lungo e prestigioso passato in Questura a Reggio nelle vesti di vice capo della Squadra Mobile e di dirigente del commissariato di Siderno. Fatti e circostanze, frutto del suo lungo impegno nella lotta alle cosche di ’n d r a n g h eta della Locride, che il dottore Silipo ha ripercorso in Tribunale nel processo “Minotauro” che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale di Torino e vede sul banco degli imputati 73 persone. Nel processo parallelo, celebratosi con il rito abbreviato, altre sessanta persone sono state giudicate e condannate a conferma della ramificazione delle “cellule” calabresi nel nord Italia. «La gestione della lavanderia era riconducibile alla famiglia Commisso, una delle più potenti della ’ndrangheta, la cui influenza si registra in Lombardia, Liguria, Piemonte e anche in Australia e Canada» ha rimarcato il capo della Squadra Mobile torinese rispondendo alle domande del pm della Direzione distrettuale antimafia. Ed inoltre: «Attraverso le intercettazioni si sono scoperti i collegamenti fra Torino, dove ci sono nove “locali”, e il “Crimine” ( s t r u ttura della ’ndrangheta di importanza superiore che sta a capo dell'intera rete di locali e di cosche della criminalità organizzata, in Calabria come nel resto d’Italia) che opera ed ha influenza nell’intera provincia di Reggio Calabria». Il dottor Luigi Silipo ha inoltre spiegato che gli esponenti delle bande torinesi facevano riferimento ai boss di Siderno. Il presunto capo del locale di Torino, secondo la tesi dell'accusa, Giuseppe Catalano, chiese per esempio ai calabresi se era possibile formare nel capoluogo piemontese la cosiddetta «camera di controllo», un organismo sovraterritoriale dell’o r g a n i z z azione, già presente in Lombardia, per dirimere una controversia sorta a proposito di chi doveva comandare il locale di Rivoli. Prima di Silipo ha testimoniato un maresciallo dei carabinieri che, concentrandosi sulle cosche attive di Volpano e dintorni, ha affermato, tra l’altro, che i proventi del racket dei videopoker e delle bische venivano impiegati per aiutare i detenuti
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