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La difesa chiede
la testimonianza
di Pasquale Condello

Una richiesta che sembra una provocazione: nel processo “Alta tensione”, che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale presieduto da Olga Tarzia, per saggiare la veridicità delle affermazioni, e soprattutto delle accuse, del pentito Nino Lo Giudice sarà citato Pasquale Condello, il “capo dei capi” della ’ndrangheta reggina. Legittima, ed anche strategicamente ineccepibile, la decisione del collegio difensivo nel processo che vede alla sbarra capi e gregari delle ‘ndrine che dettano legge nei rioni San Giorgio Extra, via Pio Xi, Modena e Ciccarello: riscontrare le bordate del “Nano” attraverso la sua fonte diretta. Ascoltando in aula il boss di Archi che di certo è stato tra i vertici assoluti della ’ndrangheta di Reggio dall’inizio della seconda guerra di mafia (1985-1991) al 18 febbraio 2008 quando “Il supremo” è stato catturato dai carabinieri del Ros in una villetta a Pellaro. Ed oltre a Pasquale Condello la difesa ha formalmente annunciato la citazione, sempre come testimone a riscontro delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, di Luciano Lo Giudice, la mente finanziaria della cosca di Santa Caterina arrestato proprio in seguito alle accuse del fratello pentito. Troppe volte ieri, rispondendo prima alle domande del pm della Dda Stefano Musolino e nel controesame degli avvocati Michele Priolo, Emanuele Genovese, Giuseppe Putortì e Giulia Dieni, ha accusato boss e gregari delle ’ndrine di San Giorgio Extra, via Pio XI, Modena e Ciccarello, spiegando di aver appreso quelle circostanze da Pasquale Condello o Luciano Lo Giudice. Nel processo “Alta tensione” sul banco degli imputati figurano una serie di personaggi che, secondo la tesi della Direzione distrettuale antimafia, avrebbero avuto un ruolo nei clan Rosmini, Caridi, Zindato e Borghetto. Tanti personaggi giura di conoscerli Nino Lo Giudice: «Nino e Diego Rosmini junior innanzitutto, anche se – come mi spiegava Pasquale Condello – il vero capo cosca era Franco Rosmini. In quella zona operavano anche gli Zindato, Checco soprattutto, e i Caridi. Gino Borghetto? Mai conosciuto. Natale Ianni? So che era amico di Orazio De Stefano e Paolo Schimizzi, oltre a Paolo Rosario De Stefano ». Su Antonino Caridi, genero di don Mico Libri, spiega: «Certo che lo conosco: sono stato invitato al suo matrimonio ». Se i Rosmini avessero imposto la tangente agli imprenditori edili che allestivano un cantiere nei rioni tra San Giorgio e Modena-Ciccarello “Il nano” è ancora una volta generico: «Non conosco fatti specifici ma anche lì funzionava come in ogni quartiere della città: o paghi o ti bruciano i camion o vanno sul cantiere e cacciano gli operai». Il resto, ma anche il cuore, della testimonianza resa ieri nell’aula bunker è ruotata intorno al rapporto di conoscenza e alla frequentazione con il padrino di Archi, Pasquale Condello: «Lo conosco dal 1979, come famiglia siamo stati sempre schierati con lui. Dopo la pace, all’indomani della conclusione della guerra, fu lui a garantire per la famiglia Lo Giudice. Ed io mi presi cura della sua latitanza dal 2001 al 2005». Un rapporto passato, dalle confessioni del “nano”, dall’amore all’odio.

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