Sigilli ai beni della cosca. Case, terreni, autovetture e persino una società con sede a Roma, sono stati sottratti alla disponibilità della famiglia Iamonte. Impressionante il valore complessivo dei beni indicati di acquisizione “sospetta”: una cifra che si aggira sui 10 milioni di euro. È l’ennesimo maxi sequestro (di carattere preventivo) che colpisce il potente gruppo di ’ndrangheta dominante nel territorio di Melito. Sono stati i carabinieri del comando provinciale, con quelli del comando compagnia, a dare esecuzione ieri al decreto emesso dal gip del Tribunale di Reggio, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Il sequestro ha riguardato complessivamente 6 conti correnti, 32 autovetture, 9 terreni e 22 fabbricati. I militari sono entrati in azione di buon mattino, raggiungendo le costruzioni e i terreni sparsi in diversi centri del Basso Ionio, ma principalmente a Melito, apponendo i sigilli e affiggendo i cartelli che rendono “off-limits” a chiunque le aree interessate. Il provvedimento, di natura preventiva, è da considerare, secondo quanto è stato reso noto, la naturale prosecuzione dell’operazione “Ada.” Sviluppata nell’arco di diversi anni, con il coordinamento del procuratore aggiunto Nicola Gratteri e del sostituto Antonio De Bernardo, l’inchiesta era giunta al capolinea il 12 febbraio, quando i militari avevano dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Cinzia Barillà, diretta nei confronti di 65 persone, accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso. Tra esse, anche il sindaco di Melito, Gesualdo Costantino. Dalle risultanze investigative confluite nella relazione conclusiva, di seguito inoltrata alla Dda reggina, era venuto fuori come i beni in questione fossero stati acquisiti da alcuni degli indagati, allo stato detenuti, «con i proventi dell’attività criminosa svolta». Il lavoro degli inquirenti, che tra l’altro è stato «pienamente condiviso e concordato dall’autorità giudiziaria», aveva inoltre consentito di focalizzare «la sussistenza di un grave quadro indiziario, in relazione agli addebiti contestati agli indagati». Gli stessi, infatti, «agendo in con piena consapevolezza, avrebbero gestito gli interessi economici della cosca anche tramite le loro imprese». All’azione finalizzata all’apposizione dei sigilli è stato affiancato un secondo livello, attraverso il quale il provvedimento di sequestro preventivo è stato notificato agli indagati. Si è inoltre proceduto alla nomina «di due amministratori e custodi giudiziari delle quote societarie e dei relativi diritti sociali oltre che dei conti correnti e del patrimonio aziendale, che saranno coadiuvati nella gestione dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati».
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