«La Multiservizi interessava in prima persona a Giovanni Tegano. La Leonia, invece, era gestita dalla cosca Fontana, che girava però una parte degli incassi della mazzetta allo stesso Giovanni Tegano »: a delineare il quadro sugli interessi delle ’ndrine sulle società miste del Comune è stato il collaboratore di giustizia Roberto Moio. Un tema, seppure già trattato dall’osservatorio privilegiato di altri pentiti, ritornato alla ribalta nel corso dell’ultima udienza del processo “Archi-Astrea” che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale presieduto da Giuseppe Campagna. Roberto Moio, che ha vissuto una vita intera al servizio della cosca di Archi anche in virtù della parentela con l’indiscusso capoclan, di cui era il nipote, è persona «bene informata» sulle dinamiche della consorteria mafiosa. Conoscenze che trasferisce al dibattimento di “Archi-Astrea”.
MULTISERVIZI. Sollecitato dalle domande del sostituto procuratore distrettuale antimafia, Giuseppe Lombardo, Roberto Moio non si sottrae alle risposte su argomenti di particolare importanza. Dal suo racconto emerge la conferma degli appetiti della cosca Tegano sulla Multiservizi, gestore della manutenzione ordinaria e dei lavori di pronto intervento, sciolta per infiltrazioni della ’ndrangheta. Secondo la tesi della Procura antimafia sarebbe stata proprio la cosca Tegano a mettere le mani su conti e business della Multiservizi. Proprio in questa ottica si inquadra l’arresto di Giuseppe Rechichi, l’ex direttore operativo della Multiservizi, finito in manette (e già condannato in primo grado) proprio per essere uno degli insospettabili della cosca di Archi. «Appalti ed assunzion»>: erano questi i due obiettivi strategici della cosca Tegano riguardo la Multiservizi. Come si esplicasse questa strategia operativa di Giovanni Tegano, il pentito Roberto Moio non è stato in grado di argomentare, fornendo comunque spunti di analisi investigativa: «Non so dire esattamente in che modo Giovanni Tegano fosse interessato. In un'occasione gli chiesi se c’era la possibilità di favorire qualche amico con un’assunzione ma mi fece capire che non era il periodo più adatto e che ne avremmo riparlato più in là».
LA LEONIA. Altra domanda e ulteriore spaccato dell’ingerenza mafiosa sulla seconda società mista del Municipio. Al centro del racconto c’è in questa occasione la Leonia, che per conto di Palazzo San Giorgio gestisce la raccolta dei rifiuti. Anche sulla Leonia incombeva la spada di Damocle degli appetiti delle cosche. Anche la Leonia, infatti, è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. E che fosse nelle mani dei boss è stato acclarato dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia “Athena-49%” che ha spiegato come fosse in atto la “longa manus” del clan Fontana, altra consorteria di ’ndrangheta di Archi, che operava in autonomia ma rendeva conto ai padrini di Archi. Roberto Moio in Tribunale ha spiegato: «Gestivano loro l’estorsione, ma mi risulta che parte della “mazzetta” andava direttamente a Giovanni Tegano». Ed a conferma del filo diretto tra cosche e Leonia, secondo le accuse della Procura antimafia, va inquadrato l’arresto del direttore operativo della società che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti, Bruno De Caria, anche lui con l’accusa di essere in collegamento con le consorterie di Archi.
IL DIRETTORIO. Lo affermano i pentiti ed emerge in numerose, recenti, inchieste della Dda: anche nelle società miste i potenti di Archi – il direttorio composto dai De Stefano, i Condello e i Tegano – operavano in sinergia. Uno al fianco dell’altro. Per fare affari ed intascare i proventi delle tangenti. Quando il direttorio intuì che il clan Fontana non omaggiasse gli altri padrini di Reggio-città ecco che scatta la prova di forza. Intimidazioni e attentati ai mezzi della Leonia per fare capire chi comanda a Reggio ed a Archi soprattutto. Solo il triumvirato De Stefano-Tegano-Condello.
ROBERTO MOIO. Uomo di punta dei Tegano, e non solo per essere il nipote di Giovanni e Pasquale Tegano, gli assoluti vertici della cosca di famiglia, ma anche perchè avrebbe partecipato a numerosi agguati di ’ndrangheta durante la guerra degli anni 1985-1991 e per aver recentemente ricoperto il ruolo di collettore delle tangenti alla New Labor, la società che gestiva il servizio di pulizie dei treni per conto delle Ferrovie. Roberto Moio, fino al 2010 quando decise di “saltare il fosso”, ritirava 20 mila euro al mese per conto dei Tegano: il prezzo che la New Labor pagava per lavorare in pace a Reggio nel settore della pulizia dei treni. Soldi e assunzioni, gli intramontabili metodi per affermare la forza della mafia. A partire dalle società miste del Comune di Reggio.
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