Omicidio e non suicidio: è quanto ipotizzano i giudici della Corte d'assise di Palmi al termine del processo per la morte della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, deceduta nel 2011 per ingestione di acido muriatico. La Corte, infatti, ha condannato i genitori ed il fratello per maltrattamenti ma senza la morte come conseguenza ed ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Palmi in merito alla relazione del consulente medico legale dell'accusa sull'autopsia.
La Corte d'assise, presieduta da Silvia Capone, ha quindi condannato il padre di Maria Concetta, Michele Cacciola, a 6 anni di reclusione, la madre Anna Rosalba Lazzaro a 2 anni e il fratello Giuseppe a 5 anni e 4 mesi, ma solo per maltrattamenti. Nel dispositivo della sentenza (le motivazioni saranno rese note tra 90 giorni), i giudici della Corte hanno anche disposto l'invio degli atti alla Procura in relazione alle dichiarazioni di due legali di Rosarno, gli avvocati Gregorio Cacciola e Vittorio Pisani, e di altre persone. Dalla decisione della Corte si evince, anche secondo una lettura fatta in ambienti giudiziari, che per i giudici Maria Grazia Cacciola, morta il 2 agosto 2011, sarebbe stata uccisa e non si sarebbe suicidata, come era emerso dalle perizie fatte svolgere dalla Procura di Palmi che per la morte della donna aveva chiesto la condanna di genitori e fratello a 21 anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia seguiti da suicidio e violenza per costringere la donna a ritrattare le sue dichiarazioni alla magistratura e quindi a commettere i reati di falsa testimonianza e favoreggiamento. In particolare, Maria Grazia Cacciola sarebbe anche stata minacciata di non vedere più i figli se non avesse ritrattato le sue accuse. La donna aveva deciso di collaborare con la giustizia parlando di ciò che sapeva sulla sua famiglia e sui Bellocco di Rosarno. Maria Concetta, infatti, era nipote del boss Gregorio Belloccio, cognato del padre Michele. Maria Concetta Cacciola, dopo avere iniziato a testimoniare, era stata trasferita in una località protetta, dove era rimasta fino al 10 agosto del 2010, quando decise di tornare a Rosarno per riabbracciare i figli rimasti a casa dei nonni in attesa del perfezionamento delle pratiche per il loro trasferimento nella sede protetta. A distanza di qualche giorno, il 20 agosto, la donna morì per l'ingestione di acido muriatico. (ANSA)
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