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Orlando si fa paladino del Palazzo di Giustizia

 «Sono venuto a Reggio Calabria perchè questa realtà rappresenta uno dei punti critici della giustizia ed è in corso da parte dello Stato un’azione forte di contrasto contro la ‘ndrangheta, che è notoriamente la più forte tra le forme di criminalità organizzata nel nostro Paese e in Europa». Esordisce così il ministro della Giustizia Andrea Orlando varcando la soglia della Corte d’Appello per un incontro con i vertici degli uffici giudiziari. Solo un accenno al significato della sua visita, rimandando i giornalisti a più tardi. All’uscita sarà più loquace: «L’impressione è quella di una realtà che si è messa in moto con un impegno crescente sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata, e questo inevitabilmente crea problemi di assetto organizzativo, logistici, di carico del lavoro». In cima alle richieste dei magistrati il completamento del nuovo Palazzo di giustizia. «In questo senso ci stiamo muovendo», garantisce il ministro, «anche grazie a un impegno forte della presidenza del Consiglio e in particolare del sottosegretario Del Rio». Materie di discussione, poi, gli organici del personale amministrativo («in questo senso una prima risposta verrà da un interpello in corso che consentirà di reperire qualche nuova unità»), la flessibilità nell’utilizzo dei magistrati, i posti vacanti e le mancate coperture («abbiamo assunto alcuni impegni e cercheremo nelle prossime settimane di dare risposte tangibili»). Dal confronto con gli avvocati, riferisce Orlando, sono emerse le stesse criticità: «Hanno posto una serie di questioni come gli effetti della revisione della geografia giudiziaria, l’esigenza di un maggior supporto organizzativo, l’applicazione del processo civile telematico. Abbiamo preso nota e ci attiveremo nel senso indicato». La litania della carenza di organico è un pianto antico che tutti i ministri della Giustizia di questo secolo e di quello scorso conoscono bene per averlo sentito ad ogni visita. E tutti a prendere appunti impegnandosi a provvedere. In realtà tutti sanno bene qual é il problema e come si potrebbe risolvere se si volesse. Ma per farlo bisognerebbe toccare privilegi, ed è questo lo scoglio insuperabile. Il ragionamento è semplice. Il Italia il numero dei magistrati è nella media dei paesi europei. Quindi basterebbe una razionale distribuzione di toghe sul territorio nazionale, magari privilegiando – ecco l'unica forma di privilegio accettabile – le zone a più alta concentrazione criminale. Invece no. Perché no? Perché i magistrati qui non vogliono venire. Nemmeno con vantaggi economici e di carriera o allettandoli con le bellezze dei nostri luoghi e del nostro mare.

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