Il neo governatore (ancora non proclamato eletto) Mario Oliverio si è presentato a Reggio Calabria con una serie di fascicoli in occasione della visita del premier Matteo Renzi in città. Un dossier sul porto di Gioia tauro, sul dissesto idrogeologico e sulla valorizzazione dei progetti culturali. Sono questi i primi passi del presidente della Giunta regionale in pectore che ha sfruttato l’arrivo del premier per accendere i riflettori sulla grave situazione della realtà economica e produttiva calabrese. «In Calabria –ha aggiunto Oliverio – c'è il tasso di disoccupazione più alto del Paese e anche rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno la nostra è in una condizione particolare. Renzi la conosce già ma noi la riproporremo. Abbiamo bisogno di essere aiutati per un progetto di sviluppo e di crescita che dia lavoro. Costruire le condizioni perchè la Calabria conti di più. In questi anni anche su questo terreno ha perso credibilità perchè non ha saputo rappresentarsi. Nel quadro delle strategia nazionali bisogna rendersi conto che c'è un punto di sofferenza, un filo esile che non possiamo permettere che si spezzi. Abbiamo bisogno di una risposta forte. Noi ce la metteremo tutta». La Regione ce la metterà tutta e il Governo? Non si è capito. Renzi accompagnato da Graziano Delrio, Maria Carmela Lanzetta e marco Minniti non ha detto molto su misure concrete per la Calabria. Ha visitato lo stabilimento e il nuovo treno che da Reggio arriverà a Milano per la metropolitana di superficie e poi ha incontrato i lavoratori dell’Ansaldo Breda e ha spostato tutto sulla nuova situazione politica regionale e reggina. «È la prima volta che nei miei giri trimestrali in Calabria sono circondato dal nuovo sindaco di Reggio e dal nuovo presidente della Regione. Sono – ha aggiunto Renzi – due amici, due persone straordinarie. Con Mario – è stata la conclusione del premier – ci siamo visti in campagna elettorale. Adesso dobbiamo fare in modo che quello che abbiamo detto in campagna elettorale sia messo in pratica». Alla fine Renzi conclude così la sua visita in riva allo Stretto: «C’è bisogno di rimboccarsi le maniche, bisognerà sudare, ma cambieremo questa Regione e questo Paese. Il meglio deve ancora venire». Adesso si spera in una prossima visita calabrese del premier con più fatti concreti e meno sorrisi. Perché la situazione calabrese è allarmante e le tematiche occupazionali e di sviluppo sembrano sempre passare in secondo piano. Anche ieri la visita è arrivata in un contesto, quello dell’Ansaldo Breda, che vive da tempo un periodo di incertezza. Ci sono cordate cinesi che sono intenzionate a rilevare la parte rotabile dell’azienda ma ancora la trattativa non è chiusa. A tal proposito l’amministratore di Finmeccanica Mauro Moretti ha rassicurato sul futuro dello stabilimento «che è inserito nel blocco della probabile cessione dell’impresa». Uno stabilimento sul quale lo stesso premier ha scommesso: «Fino al 2018 ci sono commesse e poi ne arriveranno ancora». E su twitter, dopo aver visto i modernissimi treni realizzati dagli operai reggini, lo steso Renzi ha scritto «i treni della metropolitana di Copenaghen, Milano, Lima sono realizzati a Reggio Calabria: il profondo Sud regala opportunità e innovazione». Ma proprio nel profondo Sud citato da Renzi la crisi è profonda e ieri è andata in scena un’altra protesta dei lavoratori giunti soprattutto dal reggino, da Gioia Tauro, Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza. A fare la voce grossa è stata la Cgil che nelle ore antecendenti all’arrivo del presidente del Consiglio aveva prima indetto uno sciopero di otto ore per poi sospenderlo. Ma fuori dai cancelli c’erano i rappresentanti sindacali che chiedevano un vertice al premier. Pasquale Marino della Fiom di Gioia Tauro, ha chiesto più volte chiarezza sul futuro dell’azienda De Masi. Poi il lancio di uova all’indirizzo di un’auto blindata. Ma era quella del prefetto di Reggio Claudio Sammartino confusa con quella del premier. Renzi è atterrato in elicottero ed è andato via senza incontrare alcuno dei manifestanti. Al suo posto ha parlato con i manifestanti il ministro Lanzetta che ha rassicurato ancora i manifestanti. Le tensioni dei circa 200 lavoratori fuori dai cancelli erano pure sfociate in un tentativo di forzo del cordone di sicurezza. Tutti respinti e il premier probabilmente non ha sentito nulla. Anzi ha sentito gli applausi giunti dai lavoratori delle ex Omeca
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