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Uccisa e fatta sparire dai clan, condannati cognato e nipote

 Uccisa dal cognato e dal nipote. Angela Costantino, la moglie di Pietro Lo Giudice (uno dei 13 fratelli tra cui l’ex collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice e il pentito Maurizio), fu vittima di un regolamento di conti in famiglia per aver vissuto una relazione extraconiugale. A fare sparire nel nulla Angela Costantino, di cui non si hanno notizie dal 16 marzo 1994, furono Bruno Stilo e Fortunato Pennestrì, condannati ieri alla pena di 30 anni di carcere dalla Corte d'Assise d'Appello di Reggio (presidente Roberto Lucisano, a latere Maria Luisa Crucitti) per essere stati rispettivamente il mandante e l’esecuto - re. A 21 anni di distanza dal giallo della sparizione di Angela Costantino – l’improbabile fuga della giovane donna fu fatta passare inizialmente come un mistero a tal punto che si occupò anche la celebre trasmissione “Chi l'ha visto?” - si compie un altro significativo passo in avanti verso la verità dei fatti. La pesante condanna subita ieri dalle due persone sul banco degli imputati - il cognato Bruno Stilo (difeso dagli avvocati Renato Russo e Antonio Tarsitani) e il nipote Fortunato Pennestrì (rappresentato dai penalisti Renato Russo e Giovanna Araniti) – è l’esatta conferma delle conclusioni dei giudici di primo grado. 30 anni di carcere decisi dal Gup di Reggio (il giudizio è stato celebrato con il rito abbreviato usufruendo quindi della riduzione prevista dalla legge), 30 anni confermati dalla Corte d’Assise d’Appello. E 30 anni di galera erano stati invocati dal sostituto Pg, Giuseppe Adornato. Individuato – almeno secondo le conclusioni dei giudici – autori e movente dell’uccisione di Angela Costantino; rimane avvolto nel mistero il destino della giovane donna. Secondo le conclusioni degli inquirenti Angela Costantino sarebbe stata vittima della “lupara bianca”, l’arcaica legge della ’ndrangheta che riserva un destino atroce alle persone che vantano legami, diretti o di parentela, con le cosche. E a cui si affidano i clan quando decidono di eliminare i personaggi di famiglia scomodi o che hanno violato le folli regole delle organizzazioni malavitose. A squarciare il velo del silenzio, ed abbattere la cortina di omertà, sulla scomparsa di Angela Costantino furono le prime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le ammissioni di alcuni parenti della vittima, che avrebbero confermato le vessazioni subite dalla giovane donna, “colpevole” di aver instaurato una relazione extraconiugale. Un ruolo chiave nell’intera vicenda è stato il pentito Maurizio Lo Giudice, cognato della Costantino, ed anche lui uno dei fratelli inseriti nella famiglia mafiosa del rione Santa Caterina a Reggio. 

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