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Si è suicidato l’autore della strage del Quiiper

 Si è tolto la vita in carcere Giuseppe Panuccio, tristemente conosciuto a Reggio come l'autore della “Strage del Quiiper”. Fu lui, quella maledetta domenica 28 maggio 2008, ad imbracciare un fucile da caccia e uccidere il fratello, la cognata e la nipotina di appena quattro anni. In prede a un raptus di follia, scatenato da un dissidio per la gestione di una significativa eredità familiare, sparò all'impazzata contro i congiunti non lasciandogli scampo proprio nel parcheggio del noto supermercato alimentare (al piazzale della Libertà) da cui la vicenda di cronaca prese il nome. Una tragedia sconfinata. Condannato all'ergastolo, in via definitiva, era detenuto al carcere reggino di “Arghillà” in isolamento. Nell'ultimo periodo non aveva manifestato segni di squilibrio o follia, né problematiche tali da indurlo a un gesto così drastico ed eclatante. Anzi appena lo scorso sabato aveva incontrato familiari e legali di fiducia nel tradizionale colloquio in carcere. Anzi proprio negli ultimi anni (circa tre anni fa aveva tentato di suicidarsi) stava cercando parziale conforto negli studi essendosi iscritto a un corso di laurea in Giurisprudenza. Gli agenti della polizia penitenziaria l’hanno trovato giovedì sera - intorno alle 22 e 30 - senza vita. Ha scelto di impiccarsi nella cella. Ha lasciato con sé alcuni scritti, di cui non si conoscono i contenuti. Sull’episodio la Procura ha aperto un fascicolo d'indagine e il pm Giovanni Gullo ha disposto l'esame autoptico. Più di un lato oscuro emergerebbe dalle dinamiche del suicidio. Toccherà agli inquirenti fare luce e chiarezza. Intanto emerge ancora una volta una situazione di complicata gestione della casa circondariale di Reggio “Arghillà” (media sicurezza). Una situazione esplosiva che non nasconde Bruno Fortugno, segretario provinciale Uil PA Penitenziari di Reggio: «Il miracolo questa volta non si è ripetuto. La morte di un detenuto in un penitenziario è senza ombra di dubbio una sconfitta: lo è per tutte quelle figure istituzionali che vi operano all’interno e fuori della struttura penitenziaria. È una sconfitta per lo Stato». E ricorda le numerose denunce «di carenza di personale in divisa sia la mancata assegnazione di un direttore in pianta stabile». (fra.t.)

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