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Figliomeni "un cristiano come loro"

Figliomeni "un cristiano come loro"

«La partecipazione attiva di Figliomeni alla società di Siderno emerge con chiarezza dal contenuto convergente di dichiarazioni provenienti da persone diverse, tutte pienamente inserite in contesti ‘ndranghetistici anche lontani l’uno dall’altro». Sono queste, in sintesi, le considerazioni finali dei giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria che hanno confermato la condanna a 12 anni di reclusione dell’ex sindaco di Siderno Alessandro Figliomeni, accusato di associazione mafiosa nell’ambito del processo “Recupero - Bene Comune”, che si è concluso nel luglio dello scorso anno con condanne per circa due secoli di carcere.

Secondo l’accusa, sostenuta in primo grado dal pm Antonio De Bernardo, l’ingegnere Figliomeni sarebbe stato la “longa manus” all’interno dell’amministrazione comunale delle consorterie sidernesi. Tesa sempre contestata dalla difesa del 62enne ex sindaco, rappresentata dagli avvocati Nobile e Mazzone.

La Corte reggina, (presidente Bruno Muscolo, consiglieri Cinzia Barillà e Augusto Sabatini), richiama nelle motivazioni il contenuto di conversazioni captate a tre soggetti, in particolare evidenziando che: «Tutte queste persone consideravano il sindaco di Siderno un “cristiano come loro”, un uomo “buono” e, addirittura, Muià Francesco riferiva trattarsi di uno degli 8-10 “santisti” di Siderno. Di Figliomeni si parlava, poi, come di un uomo “attivo”, ossia di un affiliato concretamente impegnato nelle attività associative». Altro elemento valorizzato in sentenza è il richiamo dei giudici al contenuto di alcune conversazioni intercettate nel corso delle indagini presso la lavanderia “Ape green” di Siderno. Un passaggio è dedicato ai rapporti tra l’ex sindaco e Giuseppe Commisso cl. 47, detto “il Mastro”. Questo ultimo «a un certo punto nel 2009, principalmente per motivi personali» gli avrebbe fatto «mancare l’appoggio elettorale fino ad allora fornitogli, dirottando le preferenze su altri candidati». Di seguito scrivono i giudici: «Alle doglianze di natura personale si aggiungevano, a quel punto, anche rimostranze per un cattivo comportamento come “uomo d’onore”, per “mancanze di rispetto” e “movimenti non autorizzati”, che avevano portato il Mastro a proporre ai responsabili delle ‘ndrine la sospensione delle attività del locale di Siderno».

Passando alle conclusioni finali relative al contestato reato associativo i giudici sottolineano che «una copiosa mole di conversazioni insieme con i risultati dell’ulteriore attività tecnica messa in atto, provano attraverso quali modalità la cosca Commisso ha dato pratica attuazione alla regola di ‘ndrangheta della “liberalizzazione” della partecipazione alla vita politica degli affiliati». «La stessa, infatti – conclude la Corte sul punto – si è accaparrata per quasi dieci anni il dominio incontrastato dell’Amministrazione comunale di Siderno, designando un proprio esponente di punta, Alessandro Figliomeni, al quale demandare la gestione della cosa pubblica nell’interesse primario dell’associazione».

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