È riduttivo definire il caso di Giuseppe Gullotta come un “errore giudiziario”. Ben 22 anni trascorsi in carcere da innocente con una condanna infamante all’ergastolo e preceduti da una notte di torture inenarrabili perpetrate da carabinieri non possono essere derubricati come “errore giudiziario”. Grazie al Festival MigrArtes, ieri sera è tornata nella nostra città la replica di “Come un granello di sabbia – Giuseppe Gulotta, storia di un innocente”, lo spettacolo di Mana Chuma Teatro che ha ottenuto il secondo posto al Premio In-Box Blu 2016.
Questa tragedia è andata in scena al teatro Cilea, la struttura comunale distante poche centinaia di metri da un altro edificio pubblico che ha ridato definitivamente l’onore a quell’uomo e credibilità allo Stato: la Corte d’appello di Reggio che nel 2012 lo ha scagionato a conclusione del processo di revisione. Gulotta era presente al Cilea per assistere al suo martirio interpretato sulla scena da Salvatore Arena e provare a ridare un senso a un buco temporale durato tutta una vita, quel periodo in cui ci si innamora, si mette su famiglia, si generano figli e si diventa adulti. Lui, Gulotta, li ha trascorsi, a tempi alterni, dietro le sbarre mentre i suoi aguzzini erano liberi e indifferenti a ciò che avevano causato consapevolmente. Il fondale scuro del teatro delineato dallo scenografo Aldo Zucco per dare senso alla visione dagli autori Salvatore Arena e Massimo Barilla, è una cappa soffocante sulla vita del piccolo muratore siciliano che impasta cemento e vive tranquillamente. Le musiche di Luigi Polimeni si sono integrate nel racconto, diventando esse stesse drammaturgia per accompagnare gli spettatori nel vortice di una vita che finisce in un tritacarne che nella realtà si nasconde dietro i simboli nazionali, il tricolore, lo stellone, la foto del Presidente della Repubblica. Ecco, anche lui, Gulotta, è stato su un patibolo rappresentato non da una croce ma da una sedia cui è stato legato per le caviglie prima di essere picchiato selvaggiamente fino a confessare come ai tempi della Gestapo. Da quella confessione estorta partono gli anni di carcere da innocente. Sono 36 quelli del calvario giudiziario per affermare la verità. Non una data simbolica quella di ieri, non un luogo casuale, ma la festa di San Giorgio, il cavaliere che incarna la Giustizia, lotta per difendere i deboli ed è il patrono della nostra città. Quella città che come è stato annunciato ieri sera al termine dello spettacolo ha deciso di avviare l’iter per il conferimento a quel “coriaceo granello di sabbia” della cittadinanza onoraria reggina. «Un gesto simbolico e concreto – è stato detto – per sottolineare il forte rapporto che lega Gulotta a Reggio, luogo in cui la sua lunghissima odissea ha trovato finalmente giustizia con l’ultimo processo di revisione». Il decimo.
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