Quattro opere d'arte in marmo di un valore stimato di 150 mila euro sono state confiscate all'imprenditore reggino Gioacchino Campolo, noto come il "re dei videopoker", ritenuto contiguo a cosche di 'ndrangheta e condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il provvedimento è stato eseguito dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio e dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza. Si tratta di un altare chiesastico - fontana da chiesa, composto da 6 pezzi; due statue raffiguranti un personaggio maschile e uno femminile; una cornice - porticina di tabernacolo. Le opere sono esposte a palazzo Crupi di Reggio - insieme a 125 dipinti già confiscati a Campolo - nell'ambito di una mostra permanente delle opere confiscate alla mafia. A Campolo, negli anni scorsi, sono stati sequestrate - e molte confiscate - opere d'arte per 432 milioni di euro tra le quali dipinti di de Chirico, Fontana, Guttuso, Dalì, Sironi e Carrà.
l provvedimento è stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale ed eseguito con la direzione della Dda. Campolo, sottoposto anche alla sorveglianza speciale di ps con obbligo di soggiorno per anni 4, è ritenuto vicino alle cosche reggine Audino, Zindato, Libri e De Stefano. Il provvedimento di oggi è la prosecuzione dell'operazione "Geremia" coordinata dalla Dda e condotta dal Nucleo di polizia tributaria-Gico della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Le indagini si erano concluse nel 2009 con l'esecuzione di cinque provvedimenti restrittivi personali nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, tra gli altri, di estorsione aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori. La Dda aveva poi delegato alla Guardia di finanza ulteriori indagini a carattere patrimoniale per individuare i beni mobili ed immobili riconducibili a Campolo. Le indagini delle fiamme gialle avevano portato a scoprire un patrimonio enorme il cui valore era non solo sproporzionato rispetto alla capacità di reddito dichiarate dall'imprenditore ma soprattutto, secondo l'accusa, derivato dalla illiceità del denaro accumulato nel corso degli anni, frutto della contiguità al circuito della criminalità organizzata. Alla luce di questo, il tribunale, nel 2010, ha disposto, nell'ambito dell'operazione "Les Diables", il sequestro - trasformato in confisca nel 2015 - di 4 imprese, 256 unità immobiliari, 14 veicoli, e 125 dipinti, stimato 327 mln complessivi; nel 2014 il sequestro di ulteriori 96 opere d'arte (quadri, dipinti e mobili), già detenute all'interno degli appartamenti sottoposti a misura patrimoniale, per un valore stimato in 105 mila euro, delle quali 32 sottoposte a confisca nel 2015; nel 2016 l'ulteriore sequestro delle opere oggi confiscate. Queste ultime sono adesso esposte nella mostra "A tenebris ad lucem - L'arte ritrovata torna bene comune"
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