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Tangenti alla "Fata Morgana", De Stefano rimane in silenzio

Tangenti alla "Fata Morgana", De Stefano rimane in silenzio

In silenzio davanti al Gip. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere gli indagati dell’operazione “Trash”, l’inchiesta della Procura distrettuale antimafia e della Squadra Mobile che ha sgominato una costola della cosca di ’ndrangheta De Stefano che avrebbe imposto una tangente ai manager della “Fata Morgana”, la società mista del Comune di Reggio (dichiarata fallita nel 2012) che si occupava della raccolta dei rifiuti solidi urbani (la cosiddetta “differenziata”) nel capoluogo reggino ed in 18 comuni ubicati sul territorio provinciale.

Gli interrogatori di garanzia si sono svolti ieri mattina davanti ai Gip, Antonino Foti e Domenico Santoro, alla presenza dei sostituti della Direzione distrettuale antimafia che hanno coordinato le indagini ed hanno firmato il provvedimento di fermo, Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino.

Il primo a restare in silenzio davanti ai Magistrati è stato Orazio De Stefano, difeso dall'avvocato Renato Russo. Stessa strategia per gli altri indagati alla presenza dei rispettivi difensori Francesco Calabrese, Emanuele Genovese e Marco Maviglia.

Sono cinque le persone sotto accusa: Orazio De Stefano definito dagli investigatori della Polizia di Stato «occulto registra dell’intera operazione riguardante l’infiltrazione nel comparto rifiuti»; Paolo Rosario De Stefano «che nel 2002 acquisiva il cognome De Stefano essendo stato riconosciuto come figlio legittimo del defunto boss Giorgio De Stefano; nel tempo ha affermato la sua leadership criminale gestendo la latitanza dello zio Orazio De Stefano fino all’anno 2004, divenendone la sua “longa manus”»; Paolo Caponera «primo cugino di De Stefano ha favorito la latitanza di zio e nipote»; Andrea Saraceno «storicamente organico alla cosca De Stefano ha svolto l’incarico di responsabile dell’autoparco dei mezzi del Comune di Reggio ai tempi in cui ancora la raccolta dei rifiuti solidi urbani veniva effettuata ad opera dell’Ente Locale»; Giuseppe Praticò perchè «sfruttando la posizione di dipendente delle società di raccolta dei rifiuti solidi urbani in città ed in provincia, ha svolto il ruolo di portavoce “privilegiato” degli interessi della cosca De Stefano».

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