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Dramma lavoro, Reggio rimane ferma al palo

Dramma lavoro, Reggio rimane ferma al palo

A una provincia povera, di solito, si accompagna una disoccupazione elevata. A Reggio è proprio così ma, mentre nel resto d'Italia si stanno intravedendo timidi segnali di ripresa, in riva allo Stretto tutti gli indicatori continuano a essere negativi. E questo dato è allarmante perché - anche solo a guardare il livello calabrese - la provincia reggina non riesce a decollare. Anzi perde colpi.

Questo è quanto viene fuori leggendo i dati della Camera di Commercio che si fermano al 2016. L'analisi è impietosa: «La carenza di un sistema industriale pervasivo rende il sistema economico reggino molto sensibile alla contrazione della domanda interna. L'ultimo decennio, infatti, ha visto una graduale erosione dell'occupazione, con un calo, tra il 2006 e il 2015, del 2,2% all'anno. Nel periodo gennaio-giugno 2016 la partecipazione al mercato del lavoro è in calo a Reggio Calabria: dopo un 2015 di sostanziale stazionarietà, si registra una contestuale flessione sia nel numero dei disoccupati, sia nel numero degli occupati, con conseguente riduzione delle forze di lavoro complessive. In particolare, le forze di lavoro provinciali diminuiscono del 2%, mentre in Calabria (+1,7%) e in Italia (+0,8%) il trend è opposto.

«La flessione delle forze di lavoro - evidenzia ancora il report - riguarda prevalentemente la componente maschile; aumentano infatti di 4mila unità le donne attive, poco più di metà delle quali occupate e per la restante parte in cerca di occupazione».

Dati, appunto, che confermando quanto le politiche attive del lavoro - a fatica messe in atto - si scontrino con una sconfortante realtà che non riesce a essere invertita.

Nel dettaglio «i disoccupati nel primo semestre 2016 in provincia di Reggio Calabria si attestano poco sotto le 39 mila unità, diminuendo dell'1,7%. Essendo diminuiti sia i disoccupati che le forze di lavoro, rimane sostanzialmente stabile il tasso di disoccupazione provinciale, che passa dal 22,1% del 2015 al 22,2% del primo semestre 2016. Si è ridotta comunque la quota di giovani tra i 15 e i 24 anni in cerca di occupazione: il dato provinciale rimane in ogni caso preoccupante, pari al 50,6%, (12,7 punti più alto rispetto al valore nazionale), ma in progressiva riduzione già dal 2014 in poi e in flessione di quasi 8 punti percentuali nel solo ultimo semestre».

Questo almeno è un dato positivo in un contesto abbastanza opaco e che dovrebbe fare riflettere chi governa. Il territorio non offre molte prospettive per i giovani che studiano e le cronache dimostrano sempre più spesso un sistema di clientelismo che fa male allo sviluppo di questo territorio già martoriato.

E infatti la Camera di Commercio prosegue nella relazione scrivendo: «Il quadro che ne risulta è quello di una realtà economica affaticata da una perdurante congiuntura sfavorevole che, negli ultimi anni, ha aggravato le condizioni del mercato del lavoro e la qualità dei rapporti tra banche e imprese. D'altra parte, la crisi si innesta in un sistema territoriale già fragile, caratterizzato da un'economia legata ai settori più tradizionali e indebolito peraltro dall'annoso problema dell'illegalità. Tuttavia, in un contesto complessivamente preoccupante, emergono anche segnali di vitalità, provenienti, in particolare, dalla dinamiche del valore aggiunto e della demografia imprenditoriale».

Che fare dunque per invertire la rotta rispetto questi segnali poco incoraggianti per il futuro?

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