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La scomparsa di Antonio Accorinti, controlli nella zona di Rosarno

La scomparsa di Antonio Accorinti, controlli nella zona di Rosarno

Le indagini ripartono dalla zona in cui erano passate oltre un anno fa. Una zona di confine tra le province di Vibo Valentia e di Reggio Calabria. Perché nuovi indizi sarebbero nel frattempo emersi sulla scomparsa di Antonio Accorinti, 45 anni di Zungri, del quale non si sa più nulla dal 4 febbraio del 2016. E il suo allontanamento, alla luce della svolta nell’attività investigativa condotta dai carabinieri della Compagnia di Tropea – con il coordinamento della Procura di Palmi – non sarebbe stato volontario come in un primo momento si era creduto. In pratica inquirenti e investigatori ipotizzano che il 45enne possa essere stato fatto sparire proprio in quella zona.

Ieri mattina – ma le ricerche e le perlustrazioni proseguiranno anche oggi e nei prossimi giorni – i militari della Stazione di Zungri, coordinati dalla Compagnia di Tropea e con l’apporto del personale del Nucleo cinofili di Vibo hanno battuto una vasta area allo scopo di riuscire a trovare del passaggio di Antonio Accorinti. Ricerche che hanno avuto come epicentro l’agrumeto, ubicato nel territorio di Candidoni confinante con quello di Rosarno, dove il 23 aprile dello scorso anno fu rinvenuta l’autovettura (una Seicento di colore azzurro) del 45enne. L’auto non presentava segni di effrazione, tantomeno elementi da far ipotizzare un allontanamento dell’uomo contro la sua volontà, anche perché Antonio Accorinti era solito raggiungere Rosarno o Lamezia Terme senza avvisare i familiari, salvo però rientrare dopo qualche giorno.

Abitudini probabilmente conosciute da quanti o da chi l’ha fatto sparire, nel senso che il 45enne di Zungri potrebbe essere stato seguito e fatto fermare (forse un appuntamento?) in quella zona da persone che conosceva. Oppure altri potrebbero aver portato lì l’auto. Si spiegherebbe così il fatto che la Seicento non presentasse segni di effrazione o altri elementi che potessero generare sospetti.

Fatto sta che sulla scomparsa di Antonio Accorinti – sofferente di turbe mentali – il quadro oggi ufficialmente si appesantisce. Il timore è che il caso possa rientrare nell’insidioso alveo delle “lupare bianche”, delle scomparse che non lasciano tracce. E sulla sorte dell’uomo i familiari sin dall’inizio i timori li avrebbero espressi anche perché, a differenza di quanto generalmente avveniva, il 4 febbraio del 2016, i parenti sapevano dove il congiunto fosse diretto. Antonio Accorinti, infatti, quella mattina era andato a Catanzaro per trovare la sorella e nel pomeriggio l’ultimo a vederlo era stato il fratello.

Da allora più niente. Nel tragitto di ritorno da Catanzaro a Zungri qualcosa potrebbe essere accaduto. Qualcuno, conoscendo le abitudini dello scomparso di recarsi a Rosarno, potrebbe aver portato la Seicento nell’agrumeto di Candidoni senza però sapere del viaggio a Catanzaro e forse non considerando il fatto che la vettura sarebbe stata ritrovata in un luogo opposto a quello da cui era partita. Ma non si può escludere che sia stato lo stesso Accorinti – il quale circa un mese prima della scomparsa era stato sottoposto a Tso ed era sospettato di essere stato l’autore di alcuni roghi divampati a distanza di poche ore nelle campagne di Zungri – a dirigersi verso Rosarno.

Insomma sul caso gli interrogativi a cui dare risposta sono ancora tanti. E gli investigatori sperano di poter trovare nel territorio a cavallo tra il Vibonese e il Reggino qualche elemento utile e in grado di fornire qualche risposta. A distanza di oltre un anno, dunque, ripartono le ricerche e le indagini si focalizzano in un punto e su una direzione ben precisa.

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