U “mastru”, il presunto boss di Siderno, Giuseppe Commisso, non poteva essere arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Ape Green”, la maxi-retata della Dda di Reggio che ha smantellato una holding di narcotrafficanti della Locride.
La decisione è stata presa, confermando il verdetto del Tribunale della libertà di Reggio, dalla Corte di Cassazione che, accogliendo le censure dell’avvocato Mario Santambrogio, ha dichiarato «inammissibile» il ricorso della Procura. Davanti al collegio della terza sezione della Suprema Corte, l’avvocato Santambrogio ha infatti sostenuto «la legittimità del provvedimento di scarcerazione», osservando come il ricorso del Procuratore generale «si risolvesse in una rilettura di dati di fatto non consentita nel giudizio di legittimità».
Già il Tdl di Reggio aveva condiviso la tesi della difesa che aveva azzerato il mandato di cattura sostenendo «la mancanza d’indizi gravi in ordine alla prova della partecipazione del Commisso ai reati contestati trattandosi di un quadro probatorio non adeguatamente supportato da circostanze idonee a dimostrare il suo coinvolgimento nell’associazione dedita al narcotraffico».
Giuseppe Commisso, tra i personaggi di primo piano delle ’ndrine di Siderno, era stato travolto, anche lui insieme ad altre 22 persone, nell’inchiesta “Ape Green” con l’accusa di aver sovrinteso un’organizzazione che importava cocaina dal Sud America, e la contestuale partecipazione a dieci paralleli episodi di cessione di ingenti quantitativi di stupefacenti. Il cuore dell’accusa ruotava attorno alle intercettazioni registrate all’interno della lavanderia gestita dallo stesso Commisso in un centro commerciale di Siderno.
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