Massimiliano Carbone fu ucciso perché «aveva avuto una relazione con una donna che interessava ai Cordì», e a sparare sarebbero stati tali A.C. e P.C.. Si tratta di un passaggio del verbale sintetico reso il 14 gennaio scorso dal collaboratore di giustizia Domenico Agresta davanti al sostituto procuratore Antonio De Bernardo della Dda reggina. Il 29enne Agresta è stato sentito nell’ambito del procedimento battezzato “Mandamento Jonico” in qualità di «persona indagata in procedimento connesso», e ha riferito al magistrato dell’antimafia reggina una serie di vicende che riguardano omidici commessi nella Locride, fra i quali quello dell’allora 30enne Massimiliano Carbone, ferito a morte da nel settembre del 2004 a Locri.
Dopo quasi 13 anni, potrebbe dunque essersi aperto uno spiraglio per le indagini sull’omicidio, irrisolto, del giovane imprenditore locrese, che la sera dell’agguato, un venerdì, stava rientrando a casa insieme al fratello dopo una partita di calcetto, un appuntamento fisso. Massimiliano fu raggiunto da alcuni colpi di fucile esplosi da dietro un muro.
Di quell’agguato il 29enne Agresta ha fornito una versione dei fatti racchiusa in poche ma significative righe. Una versione che combacia, quanto al movente dell’omicidio, con la tesi da sempre sostenuto dalla signora Liliana Esposito, la maestra elementare mamma di Massimiliano, che da allora instancabilmente si batte per ottenere giustizia.
Una versione che il collaboratore afferma di aver appreso in carcere da un soggetto legato alla famiglia Cataldo: «Mi ha parlato – si legge nel verbale – anche dell’omicidio di Massimiliano Carbone, che stando al suo racconto – ha sottolineato il collaboratore – aveva avuto una relazione con una donna che interessava ai Cordì. Mi disse – ha proseguito – che a sparare erano stati A.C. e P.C.». Ha aggiunto subito dopo: «Preciso che forse mi disse soltanto il nome Massimiliano, e che tornava da una partita di calcetto: lui lo diceva per criticare i Cordì che se la prendevano anche con persone comuni».
I familiari di Massimiliano, come detto, non si sono mai stancati di chiedere giustizia, alle istituzioni. Hanno lottato senza fermarsi mai, senza paura, con la speranza di conoscere la verità. Massimiliano Carbone ha avuto un figlio, oggi maggiorenne, nato da una relazione con una donna sposata. Un figlio che è stato legalmente riconosciuto dopo anni di battaglie legali portate avanti con coraggio da nonna Liliana, che ha continuato a lottare, contro ogni forma di oblìo e omertà, per avere giustizia.
La storia di Massimiliano, vittima innocente di mafia, è stata raccontata in libri e documentari, e portata all’attenzione delle istituzioni di ogni ordine, in decine di manifestazioni pubbliche. Ogni anno si celebra una messa nella cappella “Nostra Signora di Lourdes” dell’ospedale civile di Locri, dove il giovane morì il 24 settembre del 2004 dopo una settimana di agonia.
Ora una “scossa” che potrebbe squarciare il velo sull’omicidio di Massimiliano. Saranno necessari riscontri investigativi, ma sarebbe una svolta inattesa, e clamorosa.
Caricamento commenti
Commenta la notizia