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Morì durante il servizio, il Viminale non lo ritiene vittima del dovere

Morì durante il servizio, il Viminale non lo ritiene vittima del dovere

La moglie e i due figli dell'ex colonnello dei carabinieri Cosimo Fazio, deceduto in circostanze tragiche il giorno di Ferragosto del 2013 mentre coordinava le operazioni di soccorso 160 migranti arrivati al porto di Reggio, non possono avere lo stato di vittime del dovere. Lo ha deciso il dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell'interno. Un rifiuto doloroso per i familiari di Fazio, uomo delle forze dell'ordine che ha dimostrato un altissimo senso dello stato e che poi era stato nominato dalla commissione straordinaria del comune di Reggio, dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, a guidare il corpo della polizia municipale. Ruolo questo da anni vacante e fonte di problemi.

Un diniego motivato sul presupposto che, seppure la morte del colonnello sia avvenuta per causa di servizio, il caso non rientra tra quelli previsti per la concessione dello status di vittime del dovere. La normativa, come da interpretazione data dal Viminale, indica tutto il dettaglio della procedura e spiega che per essere dichiarati vittime del dovere o equiparati è necessario che il decesso sia avvenuto in circostanze di rischio di ordine pubblico connesse al servizio o comunque nel contesto che vada oltre al semplice servizio. In sostanza c'è bisogno del rischio.

Nel decreto si legge, infatti, che «sono deceduti o abbiano riportato infermità in conseguenza di eventi verificatisi nel contrasto di ogni tipo di criminalità, nello svolgimento di servizi di ordine pubblico, soccorso pubblico e tutela della pubblica utilità». E ancora: «Dalla documentazione agli atti risulta che il decesso è dipendente da causa di servizio ma che non risulta essere conseguenza di fatti specifici riconducibili alle fattispecie previste dalla normativa vigente in materia di “vittime del dovere».

Il direttore della Polizia riprende anche un passo della normativa che disciplina lo status di vittime del dovere che va attribuito a coloro che: «Una motivazione basata anche su alcune decisioni giurisprudenziali secondo le quali «occorre che il rischio affrontato vada oltre a quello ordinario» oppure che «il servizio sia prestato durante la missione caratterizzata da speciali elementi di rischio eccedenti quelli ordinari». Motivazioni che hanno duramente colpito la moglie e i due figli del colonnello che hanno deciso, in mancanza di risposte dopo ulteriori integrazioni inviate al ministero, di proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale di Reggio Calabria tramite l'avvocato Natale Carbone.

Il ricorso, però, è stato dichiarato inammissibile dalla sezione staccata del Tar calabria in riva allo Stretto. Non nel merito ma per profili formali. A giudizio del Tar, presieduto da Roberto Polito, la giurisdizione è in capo al giudice ordinario (sezione lavoro) e i magistrati amministrativi non sarebbero competenti. Alla luce di questa decisione si dovrà ripresentare tutta la pratica in tribunale.

Al di là del contenzioso giudiziario in atto tra gli eredi e il Viminale resta il rammarico per i suoi familiari che hanno allegato anche una dettagliata relazione medica attestante i motivi del decesso avvenuto in un Ferragosto torrido di 4 anni addietro quando, per puro spirito altruistico, l’indimenticato colonnello Fazio, coordinò direttamente le operazioni dello sbarco dei migranti per poi morire a causa di un arresto cardio-circolatorio.

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