REGGIO CALABRIA
Mal di testa, tic palpebrali, diplopia transitoria e vertigini, assenza di stereopsi fine (capacità di percepire la profondità di campo) e comparsa di vizi di refrazione (astigmatismo, miopia, ipermetropia), soprattutto nell’occhio dominante, sono i segni
più frequenti riscontrati nei bambini di età compresa tra i tre e i dieci anni che trascorrono molte ore alle prese con i
videogiochi. Anzi «si può parlare di una vera e propria 'Sindrome da videogiochì, per la prima volta diagnosticata da
una equipe di oculisti italiani». A darne notizia, è scritto in una nota, è la rivista internazionale «Journal of Pediatric Ophtalmology and Strabismus» che ha pubblicato i risultati di una ricerca su un possibile rapporto tra esposizione ai videogiochi e schermi in generale e insorgenza di problemi visivi nei bambini di età compresa tra la prima infanzia e l’età scolare.
L’equipe che ha svolto lo studio osservazionale-trasversale su una popolazione di bambini che usano videogiochi, è scritto
nella nota, «non è, una volta tanto, composta da cervelli in fuga dalle Università o dalle strutture sanitarie italiane, ma
da oculisti che operano presso il servizio sanitario di Reggio Calabria, le oculiste Caterina Rechichi e Gilda De Mojà, e la
Clinica oculistica dell’Università di Messina, il prof. Pasquale Aragona». Tutti i pazienti, di età compresa tra 3 e 10 anni,
sono stati reclutati in un’unità ambulatoriale accreditata dal Servizio sanitario. Sono stati studiati 320 bambini.