«Non ci sono partiti, non ci sono regole politiche, non ci sono programmi elettorali: c’è solo un acceso contrasto che non è mero antagonismo politico ma una guerra mascherata da competizione elettorale, tra due compagini conosciute che misurano cosi la loro forza su quel territorio. Chi tra le due vincerà governerà il paese e si arricchirà e si potenzierà a tutto discapito dell’altra, e in spregio degli interessi e delle esigenze pubbliche. È quindi evidente che l’attività di “conquista” del Comune apriva per i Mazzaferro prospettive di comune e reciproco vantaggio per tutto il gruppo, come in effetti è avvenuto».
È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale la seconda Sezione penale della Cassazione ha sostanzialmente confermato l’esito del processo “Circolo formato” per i sette imputati giudicati con il rito ordinario e tuttora detenuti. I giudici hanno ritenuto che le elezioni amministrative svoltesi nell’aprile del 2008 a Marina di Gioiosa «non furono mera competizione politica tra opposti schieramenti di estrazione differente e portatori di programmi ben definiti, quanto piuttosto una vera e propria lotta, per la conquista della cosa pubblica, tra le due fazioni contrapposte dei Mazzaferro – che alla fine hanno prevalso – e degli Aquino, per l’affermazione sul territorio».
Nella sentenza si evidenzia che le «emergenze istruttorie» richiamate nelle sentenza di merito, «in particolare in quella di primo grado», «hanno dimostrato che le famiglie Mazzaferro ed Aquino hanno attentamente monitorato tutte le fasi delle consultazioni elettorali per l’elezione del sindaco di Marina di Gioiosa». Ritengono i magistrati, che alcuni componenti della famiglia Mazzaferro «hanno di fatto gestito ogni fase delle elezioni: la scelta dei candidati e la formazione della lista, la conclusione degli accordi prodromici alla presentazione della lista, la campagna elettorale; quindi, dopo la vittoria nelle elezioni, la formazione della squadra di governo e la scelta degli assessori». Aggiungendo subito dopo che «il candidato a sindaco Rocco Femia, poi eletto, si è infatti relazionato in maniera sistematica con Rocco Mazzaferro e con il cognato Salvatore Frascà, rivolgendosi al Mazzaferro per dirimere ogni questione sorta prima e dopo le elezioni».
Come si ricorderà, a distanza di 6 anni dall’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip distrettuale reggino la II sezione penale della Cassazione, lo scorso maggio, ha respinto i ricorsi presentati per Domenico Agostino, Fabio Agostino, Francesco Ieraci, Ernesto Mazzaferro e Giuseppe Tuccio. I giudici hanno invece annullato la sentenza impugnata nei confronti di Cosimo Agostino e Nicola Pignatelli «limitatamente alla ritenuta recidiva, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria, per un nuovo giudizio sul punto»; aggiungendo poco oltre: «Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità nei loro confronti».
Le posizioni stralciate dell’ex sindaco Rocco Femia, degli ex assessori di quella giunta Vincenzo Ieraci e Rocco Agostino, e di altri quattro imputati, saranno discusse in Cassazione 12 ottobre. Nell’aprile dello scorso anno un’altra sezione della Cassazione aveva annullato con rinvio in relazione all’ipotesi associativa per una decina di imputati, tra i quali i presunti vertici del clan Mazzaferro, ed aveva annullato senza rinvio «per non aver commesso il fatto» per l’ex assessore Francesco Marrapodi (difeso dagli avvocati Fonte e Macrì) sull’accusa di concorso esterno. Su quest’ultima sentenza i giudici della Seconda sezione scrivono: «Nessuna rilevanza assume ai fini della presente decisione l’annullamento con rinvio disposto da altra sezione a quella parte del procedimento decisa con rito abbreviato. Trattasi infatti di sentenza di annullamento con rinvio e quindi di giudizio ancora sub iudice, svoltosi nelle forme del rito abbreviato e quindi su diverso compendio probatorio».
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