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Pedofilia, il Csm sospende il giudice Amato

Pornografia minorile, arrestato il giudice Amato

Messina

La sezione disciplinare del Csm ha disposto la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, di Gaetano Maria Amato, il 58enne giudice della Corte d’appello di Reggio Calabria che è stato arrestato dalla Sezione di polizia giudiziaria di Messina per pornografia minorile. Il Csm ha accolto le richieste del ministro della Giustizia Orlando e del Pg della Cassazione Ciccolo.

L’arresto è avvenuto nel pomeriggio dello scorso 2 ottobre nella sua abitazione di Messina, nell’ambito di un’inchiesta su scala nazionale contro la pedofilia su internet, la “Black Shadow”, gestita dal pm di Trento Davide Ognibene. Questa indagine ha portato complessivamente a 10 arresti, compreso il giudice, mentre risultano 47 indagati.

Il reato contestato al giudice, è il 600-ter del codice penale che punisce chi sfrutta minorenni per realizzare esibizioni pornografiche o produrre materiale pornografico, come immagini di bambini, poi scambiate attraverso la rete. La pena prevista è la reclusione da 6 a 12 anni. La sua posizione era stata già stralciata dalla Procura di Trento, che aveva inviato nei mesi scorsi gli atti ai colleghi di Messina, il procuratore capo Maurizio De Lucia e l’aggiunto Giovannella Scaminaci.

Il magistrato, tuttora detenuto, avrebbe ammesso parzialmente i fatti contestati, nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Tiziana Leanza. Il suo legale, l’avvocato Salvatore Silvestro, ha già presentato ricorso al Tribunale del riesame, che sarà discusso lunedì. Per il penalista l’azione del Csm «è un atto previsto dalla legge». Amato prestava servizio alla sezione penale della Corte d’appello di Reggio dal gennaio di quest’anno, mentre in precedenza era stato alla sezione civile. In passato era stato per parecchi anni in servizio a Messina.

E nell’ambito dell’inchiesta “Black Shadow” emergono altri particolari. Oltre al magistrato sono coinvolti due insegnanti, un allenatore di una squadra giovanile e un infermiere, e sono soltanto alcune delle persone insospettabili rintracciate sulla rete “coperta” della pedopornografia minorile dalla Polizia postale. L’avvio delle indagini è partito dall’arresto di un uomo di 38 anni, M.M, residente in Val Pusteria, in Alto Adige, nel febbraio 2016. L’uomo è stato trovato in possesso di 4 terabyte di materiale digitale (immagini e video), con esibizioni pornografiche di minorenni tra i 3 ed i 12 anni. Le dichiarazioni rese dall’arrestato, che ha detto di aver scaricato i file dalla navigazione in internet da soggetti dei quali non era in grado di indicare generalità o elementi utili all’identificazione, hanno insospettito gli investigatori informatici della Polizia, che hanno individuato tra le prove digitali un utilizzo massiccio di connessioni internet criptate Voip, oltre ad una rubrica composta da numerose decine di contatti.

Gli investigatori, attraverso l’utilizzo di particolari software, sono riusciti a ricostruire un’enorme quantità di conversazioni dalle quali è emersa la morbosità degli interlocutori nei confronti di pratiche sessuali con minorenni. Il 38enne M.M. - sostengono gli inquirenti -, sarebbe il fulcro di una rete con oltre un centinaio di contatti. In alcune occasioni si è anche presentato come madre di una bambina minorenne, affermando di essere attratto sessualmente da bambini in tenera età e offrendo agli interlocutori, materiale pedopornografico.

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La vicenda

L’indagine dopo l’arresto del 38enne M.M. residente in Val Pusteria si è allargata parecchio, dal momento che le persone con cui l’altoatesino ha intrattenuto rapporti telematici sono residenti in tutto il Paese: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna. Il magistrato Amato secondo l’accusa ha dialogato per mesi in chat proprio con il 38enne altoatesino e confezionato personalmente alcune foto di ragazzine nude, che ha poi diffuso sulla rete. Prima dell’arresto la polizia postale ha effettuato una lunga perquisizione a Messina nella casa del magistrato, portando via computer e cellulari. E quel giorno, Amato, davanti ai poliziotti che controllavano i suoi computer, ha ammesso di aver chattato occasionalmente e di aver inviato al suo “contatto” quattro-cinque foto. Nell’ambito dell’inchiesta sono documentati rapporti in chat dell’Amato in un lungo arco temporale, tra il giugno del 2014 e il settembre del 2015, con il 38enne.

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