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Boccone “indigesto”, salvato in extremis

Boccone “indigesto”, salvato in extremis

È la sanità che vorremmo: efficace e tempestiva, soprattutto capace di fare squadra di fronte all’emergenza. La storia vede protagonista al Grande ospedale Metropolitano di Reggio Calabria un uomo – V. A. – di 70 anni, ricoverato in Medicina d’Urgenza che, proprio quando stava riguadagnando la normalità, si trova improvvisamente al confine tra la vita e la morte. Infatti, proprio sul punto di essere dimesso, il paziente si concedeva – ricompensa legittima dopo un periodo di sacrifici – un gustoso panino, ignaro del destino che lo stava aspettando: quello di andare incontro a soffocamento.

Attimi di grandi concitazione e poi l’inizio di una vera e propria lotta contro il tempo. Soccorso prima dai sanitari del reparto e poi dalla dottor Morabito in forza al Reparto di Terapia intensiva e anestesia, il paziente viene prontamente assistito e trasferito in Rianimazione, già intervenuta nel momento dell’accaduto quando la diagnosi in Medicina d’Urgenza è di una “sindrome asfittica da inalazione di bolo alimentare”.

«Nonostante la intubazione orotracheale e la ventilazione manuale in ossigeno puro non si riusciva ad ottenere un ripristino della ventilazione e ossigenazione – spiegano Baldo Mondello, direttore di chirurgia toracica e Sebastiano Macheda, a capo della terapia intensiva e anestesia –, si procedeva a fibrobroncoscopia che evidenziava a livello nella trachea una ostruzione da un voluminoso corpo estraneo. Da qui la decisione: inserire, proprio per le notevoli dimensioni del corpo estraneo, a valle dello stesso, un catetere usualmente impiegato dai chirurghi vascolari per disostruire i vasi dai trombi e procedere così a rimozione del corpo estraneo, del catetere, del broncoscopio e del tubo orotracheale. Tale manovra, applicata in emergenza – aggiungono ancora Macheda e Mondello – ha permesso di recuperare le funzioni vitali del paziente che, dopo un ricovero in Terapia intensiva di tre giorni, è stato ritrasferito al reparto di provenienza».

Risolta l’emergenza, al paziente resta solo il brutto ricordo di quel voluminoso “boccone” di carne (della lunghezza di circa 12 centimetri e della larghezza di circa 4 centimetri), che poteva davvero costargli caro.

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