Si aggiunge un importante tassello al complesso mosaico investigativo dell'omicidio del sostituto procuratore generale della Corte di cassazione Antonino Scopelliti, ucciso 27 anni fa in località "Piale" di Villa San Giovanni mentre faceva rientro, alla guida della sua auto e senza alcuna scorta, a Campo Calabro, il centro del Reggino di cui era originario e dove stava trascorrendo un periodo di ferie. Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, a margine della cerimonia per l'anniversario dell'omicidio del magistrato, ha reso noto che nei giorni scorsi é stato trovato in provincia di Catania il fucile che sarebbe stato utilizzato per uccidere Scopelliti. Bombardieri non ha rivelato molti particolari sul ritrovamento del fucile. Si é limitato soltanto a riferire che "l'arma era interrata in un fondo agricolo, abilmente occultata", aggiungendo che "sono in corso ulteriori accertamenti di riscontro". In un comunicato diramato successivamente Bombardieri ha reso noto che il ritrovamento del fucile é avvenuto "a seguito di una mirata attività investigativa della Dda reggina, con attività di ispezione e perquisizione di alcuni luoghi situati nel territorio della provincia di Catania, nell'ambito delle ricerche svolte dalla Polizia di Stato delegata alle indagini, ed in particolare dal Servizio centrale operativo, dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e dalla Polizia scientifica di Reggio e di Catania, con massiccio impiego di uomini e di risorse tecniche e tecnologiche". Quale contributo possa effettivamente portare il ritrovamento del fucile per dare finalmente un nome ed un volto, a distanza di tanti anni, agli assassini di Antonino Scopelliti, al momento, non é dato saperlo. Lo stesso procuratore Bombardieri ha parlato, comunque, di "ritrovamento che costituisce un importante passo avanti" nella ricostruzione degli avvenimenti legati all'omicidio del giudice Scopelliti e che apre "nuove e significative prospettive d'indagine, confermando, al contempo, recenti intuizioni investigative dell'ufficio di Procura". La scoperta dell'arma conferma, in ogni caso, l'ipotesi da sempre adombrata secondo cui la mafia siciliana avrebbe avuto un ruolo nell'assassinio di Scopelliti, che all'epoca dell'omicidio si accingeva a sostenere la pubblica accusa nel processo ai vertici di "Cosa nostra". Un'ipotesi che é stata confermata appena nei giorni scorsi, nel processo alla cosiddetta "'ndrangheta stragista" in corso a Reggio Calabria in Corte d'assise, dal pentito Francesco Onorato, reo confesso dell'assassinio di Salvo Lima, secondo il quale Scopelliti fu ucciso dalla 'ndrangheta per fare un favore a Totò Riina, che temeva l'esito negativo del ricorso in Cassazione contro le condanne al maxiprocesso di Palermo nei confronti di capi e gregari di Cosa Nostra. A complicare la situazione é però il fatto che proprio i componenti della "cupola" della mafia siciliana, tra i quali esponenti del calibro di Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Bernardo Brusca, Nitto Santapaola ed i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, sono stati assolti in via definitiva dall'accusa di avere svolto un ruolo nell'assassinio dell'alto magistrato. Quello che resta assolutamente aperto, comunque, é il capitolo relativo agli esecutori materiali dell'omicidio di Scopelliti. Ed in questo senso il ritrovamento del fucile utilizzato per l'assassinio potrebbe dare indicazioni importanti.
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