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Gioia Tauro, la cosca Piromalli sulla graticola

Le donne del clan e i “pizzini” Così comunicavano i Piromalli

Settembre sarà un mese delicato per boss e gregari della cosca Piromalli. Molti imputati implicati nei maxiprocessi tuttora in corso rischiano pesanti condanne a settembre. Alla riapertura dell’attività giudiziaria, infatti, andranno a sentenza due importanti procedimenti istruiti dalla Distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Si tratta dei processi nati dalle inchieste denominate “Provvidenza” e “Atlantide”, mentre si attende la fissazione dell’udienza preliminare del procedimento “Metauros”, indagine che avrebbe svelato le infiltrazioni della potente famiglia di Gioia Tauro nella gestione dell’inceneritore della città del porto e dell’impianto di depurazione.

Clan senza confini

Mentre per gli imputati nel rito ordinario, il processo davanti al Tribunale di Palmi ha appena avuto inizio, per i 19 che hanno scelto l’abbreviato è già tempo di sentenza di primo grado. Il 26 settembre prossimo potrebbe essere la data giusta in cui il gup distrettuale emetterà la sua sentenza. Si parte dai 232 anni di carcere richiesti dal pm antimafia Giulia Pantano.

L'operazione della Dda reggina, scattata nel gennaio 2017, ha coinvolto più di 40 persone accusate, avario titolo, di fare parte della cosca Piromalli di Gioia Tauro.

Il sostituto procuratore Giulia Pantano ha chiesto la condanna di Antonio Piromalli a 24 anni, Pasquale Guerrisi 18, Domenico Stanganelli 20, Carmine Alvaro 14, Rocco Saccà 10, Giovanni Sergio 10, Grazia Piromalli 8, Pietro Gallo 14, Francesco Trunfio, Alessandro Pronestì 16, Gioacchino Careri 8 anni e sei mesi, Domenico Careri 8 anni e sei mesi, Loredana Sciacca 13, Francesco Sciacca 14, Antonio Pietro Sciacca 8, Carmelo Sciacca 8, Annunziata Sciacca 8, Francesco Arcuri 10, Cinzia Ferro 4 anni.

Per gli 11 imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario, il processo è iniziato il 23 marzo scorso davanti al collegio del Tribunale di Palmi.

“Provvidenza”

L’indagine “Provvidenza” gira sulla figura di Antonio Piromalli, 45enne figlio del boss Pino detto “facciazza”, da 20 anni obbligato al carcere duro, ma per la Dda sempre al centro del progetto criminale della cosca della città del porto. Il giovane Piromalli si sarebbe trasferito a Milano al fine di abbassare l’attenzione degli investigatori dell’antimafia sul clan e potere sviluppare nuovi traffici illeciti. Nel capoluogo lombardo, Piromalli avrebbe istituito la sua nuova base operativa. I nuovi business lo portano fino alla grande distribuzione degli Stati uniti, dove avrebbe rifilato olio di sansa spacciandolo per extravergine d’oliva made in Italy. Ma gli affari di Antonio Piromalli non prevedevano confini: ortofrutta, edilizia, turismo, centro commerciali, in Italia e negli Usa, in Romania e in Francia.

 

Cosche satelliti

Settembre sarà pure il mese che vedrà la conclusione anche di un altro processo che vede implicati presunti esponenti di clan satelliti dei Piromalli e Molè. È il procedimento “Atlantide” che, nelle forme del rito ordinario si sta celebrando dinnanzi alla Corte d’assise del Tribunale di Palmi.

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