
Un anno dopo, ci risiamo. Mancano pochi giorni alla fine di giugno e, quasi esattamente come dodici mesi fa, in ambito Reggina c’è quella percezione di immobilismo che apre il campo a tanti argomenti che poco hanno a che vedere con il calcio giocato.
La premessa è d'obbligo: il club non é fermo. A livello organizzativo la macchina si sta muovendo, ma la consueta flemma percepita che caratterizza la società amaranto non aiuta a darne conoscenza all’esterno.
La Reggina lancia pochi segnali. Esattamente come una qualsiasi società Serie D in questa fase dell’anno, non di quelle ambiziose. Queste ultime stanno già facendo parlare il mercato con i loro affari in dirittura d’arrivo e da ufficializzare al momento opportuno.
L’errore forse sta a monte: la Reggina non è una squadra di Serie D per definizione. Suscita un altro livello di interesse, ha decine di migliaia di tifosi che vorrebbero vederla uscire dal dilettantismo e che aspettano di saperne di più sul futuro.
Di Serie D al massimo può essere la società che ne regge la storia pro-tempore. Quella attuale lavora da due anni per scrollarsi di dosso l’etichetta che l’oggettiva e perdurante militanza nel massimo campionato dilettantistico ha momentaneamente conferito all’attuale gestione.
Nella preparazione del terzo tentativo di risalita ci si aspetterebbe un po’ più di energia. Almeno nella dichiarazione d’intenti, nella spiegazione della programmazione e magari nella definizione del budget. Considerato che sta per iniziare il terzo anno tra i dilettanti, forse non è il caso di obiettare che più delle parole contano i fatti.
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