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Appalti pubblici, "emerge un patto tra Macrì e il vertice del clan Commisso"

Debiti Pa: nuovo richiamo Ue su modifica codice appalti

Un volume enorme. Si compone, infatti, di ben ottocento pagine la motivazione della sentenza depositata della Corte d’appello del maxiprocesso “Morsa sugli appalti pubblici”, definito con il rito abbreviato, che si è concluso lo scorso mese di febbraio con condanne per circa un secolo e mezzo di reclusione per gli imputati che rispondevano, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, ed ancora per reati di estorsione e tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, ed altre contestazioni.

La pena più elevata, 18 anni di reclusione, è andata a Giuseppe Commisso (cl. 47), detto “il mastro”, nonostante lo “sconto” di un terzo del rito abbreviato e la riduzione di due anni rispetto alla sentenza di primo grado.

Altra decisione ribaltata in secondo grado è quella che ha riguardato l’ex presidente del consiglio comunale di Siderno Antonio Macrì, condannato dai giudici della Corte d’Appello a 8 anni di reclusione, quale presunto partecipe ad un’associazione mafiosa.

 

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