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Gioia Tauro, il vescovo dichiara guerra alla 'ndrangheta

Il vescovo Francesco Milito

San Michele Arcangelo è il patrono della Polizia di Stato. E per sua intercessione, la città riuscirà a risollevarsi e arrivare al traguardo della rinascita nel segno della giustizia e della legalità. Che lo onori la ’ndrangheta è un’enorme eresia da estirpare.

È il messaggio che riecheggia ancora più forte proprio da Gioia Tauro, realtà complessa, maggiormente stretta dai tentacoli del malaffare, dove però la speranza non è ancora venuta meno. A testimoniarlo la cornice istituzionale di ieri mattina al Commissariato di Polizia per l’inaugurazione di un’opera raffigurante il combattente di Dio realizzata dal maestro gioiese Cosimo Allera.

Non è stato infatti un caso la presenza del Prefetto, Michele di Bari, e del Questore, Raffaele Grassi, che hanno assistito alla cerimonia insieme al primo dirigente Diego Trotta, al prefetto Antonio Reppucci, presidente della terna che guida il Comune, e alle forze dell’ordine.

Il rito della solenne benedizione dell’altorilievo, che ha trovato collocazione nell’atrio delle scale all’interno del presidio, è stato celebrato direttamente dal vescovo Francesco Milito e fatto rientrare all’interno del programma dell’articolata visita pastorale in corso in questi giorni.

Durissima e netta la sua presa di posizione rispetto a rituali e simboli della ’ndrangheta ma, soprattutto, sul futuro della cittadina pianigiana e sul ruolo che assumerà la Chiesa. «È impossibile – ha rimarcato – che l’Anti Stato possa avere un protettore, sappiamo benissimo che il bene non può mai andare a patti con il male. Il fondamento religioso di questa gente ha raggiunto un punto così assurdo da arrivare ad una simile concezione».

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