La Procura antimafia di Reggio Calabria ha chiesto la conferma del decreto di sequestro e l'applicazione della confisca al patrimonio dell'imprenditore di Gioia Tauro Alfonso Annunziata.
La richiesta è stata formulata, davanti al Tribunale di Reggio Calabria, sezione Misure di prevenzione, dal procuratore aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto procuratore Roberto Di Palma. I due magistrati della Dda ha invocato, inoltre, la misura della sicurezza personale dell'imputato per pericolosità sociale. Nella stessa udienza hanno discusso anche i legali di Annunziata, gli avvocati Armando Veneto, Giuseppe Macino, mentre l'avvocato Vincenzo Maiello ha depositato una memoria difensiva. Secondo il collegio difensivo non ci sarebbero gli estremi né per confermare il maxisequestro di circa 200 milioni di euro.
Il patrimonio sottratto comprende le quote sociali di 6 imprese, 85 unità immobiliari, 42 rapporti finanziari e denaro contante per quasi 700.000 euro. I beni sono stati sequestrati in Calabria e in Campania in base a un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. Secondo gli inquirenti, dalle indagini sarebbe emersa l'esistenza «di un indissolubile rapporto di sinergia economico-criminale» tra l'imprenditore e la cosca Piromalli. Un'accusa che Annunziata in più interrogatori ha negato, sostenendo di avere pagato il pizzo, ma di non essere in affari con il clan gioiese.
Il presidente delle Misure di prevenzione, il giudice Ornella Pastore, si è presa 90 giorni per decidere nel merito.
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