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Tragedia familiare a Reggio, gli avvocati del giovane invocano l'infermità mentale

Dopo avere trascorso la sua seconda notte in carcere, Ieri pomeriggio, sempre nella casa circondariale di Arghillà, il ventottenne Simone Bova si è sottoposto ad interrogatorio per circa due ore davanti al giudice per le indagini preliminari Karin Catalano. Ha avuto , dunque, la possibilità di fornire al giudice la propria versione dei fatti su quanto è accaduto in quella disgraziata domenica pomeriggio, quando ha ucciso il padre Domenico, 59 anni, con decine di coltellate nella cucina di casa.

Durante l'interrogatorio, riporta la Gazzetta del Sud in edicola, il giovane non avrebbe nascosto nulla agli inquirenti. Al termine del lungo interrogatorio, il gip Catalano si è riservato la decisione che scioglierà oggi riguardo alla legittimità dell'arresto che dovrà essere convalidato e quindi decidere anche sulla richiesta di applicazione della misura cautelare formulata dal pubblico ministero.

I due difensori hanno prodotto una lunga teoria di documenti e di cartelle cliniche per certificare il cagionevole stato di salute mentale dell'indagato e hanno anche formalizzato al gip la richiesta di effettuare una perizia sulla piena capacità di intendere e di volere del loro giovane assistito. Sul punto anche il pubblico ministero ha prestato il proprio consenso e il giudice si è riservato la decisione.

È chiaro che le schermaglie processuali sono già iniziate con gli avvocati Giovanni e Francesca Araniti che si stanno giocando la carta migliore a loro disposizione, quella dell'infermità mentale del proprio assistito.

Del resto, questa ipotesi sembrerebbe anche la chiave di lettura più semplice per riuscire a decifrare un evento delittuoso di così belluina violenza che si può comprendere solo con un'incontrollabile e incontrollata esplosione di follia. Ma tutto ciò saranno solo gli esperti che nominerà il gip a poterlo e a doverlo stabilire.

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