Volge ormai alle ultime battute l'infinito dibattimento “Breakfast”, il processo che vede sul banco degli imputati del tribunale di Reggio l'ex ministro dell'Interno, Claudio Scajola; l'ex moglie di Matacena, Chiara Rizzo; Martino Politi e Mariagrazia Fiordalisi: tutti, con diversi profili di responsabilità, ruoli e mansioni, ritenuti al centro del piano di fuga all'estero di Amedeo Matacena, che ancora oggi vive da latitante volontario negli Emirati Arabi Uniti, e dell'operazione di schermatura dell'immenso patrimonio dell'ex deputato di Forza Italia rispetto alle leggi ed ai provvedimenti di sequestro e confische beni.
Nè Amedeo Matacena, né il suo storico collaboratore Martino Politi: i loro nomi non compaiono nell'agenda sequestrata a Marcello Dell'Utri quando l'ex uomo forte di Forza Italia e Pubblitalia fu arrestato a Beirut, in Libano, dove si era rifugiato per dribblare la condanna definitiva che gravava su di lui per i suoi legami con la mafia. A confermarlo è stato ieri in Tribunale a Reggio, nelle vesti di testimone nel processo “Breakfast”, il sostituto commissario Giuseppe Gandolfo, l'investigatore della Dia che ha redatto l'informativa “Stato parallelo” (l'approfondimento di indagine per individuare l'esistenza di un sistema massonico-mafioso-politico-imprenditoriale).
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