«Ho vergogna per quello che ho fatto. Ad uccidere i carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo fummo io, che guidavo l’auto, e Consolato Villani, che ha sparato, giovani ingenui e scellerati». Lo ha detto l’ex pentito Giuseppe Calabrò nel corso dell’udienza del processo 'Ndrangheta stragista in corso a Reggio Calabria.
Calabrò ha modificato le dichiarazioni fatte quando cominciò a collaborare con la giustizia, secondo cui a conferirgli il mandato di uccidere i due carabinieri, il 18 gennaio del 1994, era stato il cugino Antonio Filippone, figlio di Rocco Santo Filippone, imputato nel processo insieme al boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano.
Le dichiarazioni odierne di Calabrò sono state contestate dal pm, Giuseppe Lombardo, secondo il quale l'assassinio dei militari fu commesso su mandato di Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano nell’ambito dell’alleanza stragista tra 'ndrangheta e Cosa nostra voluta da Totò Riina per costringere lo Stato a piegarsi al 'papellò nell’ambito della presunta trattativa Stato-mafia.
Secondo quanto è emerso dall’inchiesta della Dda di Reggio Calabria, la decisione di uccidere i due carabinieri fu presa nel corso di un summit mafioso svoltosi nelle campagne di Melicucco, nella Piana di Gioia Tauro, cui presero parte anche esponenti di Cosa nostra. Giuseppe Calabrò, a detta dell’accusa, faceva «coppia fissà con Consolato Villani, attuale collaboratore di giustizia, svolgendo il ruolo di killer per conto della 'ndrangheta reggina.
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