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Omicidio Carbone a Locri, 15 anni tra omertà e interrogativi

Signora Liliana Esposito, quindici anni fa assassinarono Massimiliano Carbone, suo figlio. Cosa è stato per lei questo tempo, passato a chiedere invano giustizia?

«Non passano in fretta, 15 anni, trascorsi a chiedere senza aspettarti niente. Sono tutte giornate brutte, in ognuna delle quali la nitidezza del passato ferisce sempre, taglienti come sono i ricordi, le cose, i luoghi, le facce e le parole».

Come ricorda Massimiliano, cosa direbbe di lui a chi non lo ha mai conosciuto?

«Lo penso bambino. Lo portammo a Locri che non aveva ancora due anni, scoprivamo insieme la città con allegria e il suo stupore infantile era il mio. Ho tutti i ricordi che una mamma ha, unici e variegati, un caleidoscopio prezioso che rende ricca ogni donna-madre. Di mio figlio posso dirvi che ha guardato il mondo con generosità, che ha raccolto le fragilità di tante creature, esseri umani, bestie e piante. Sono fiera di lui, per questo gli sono sopravvissuta. Qualcuno mi ha domandato se io abbia trovato la forza di sopravvivere al più innaturale dei lutti per una strategia di vendetta, ma non mi sono mai data la pena di illustrare i miei sentimenti, non spargo perle perché il mio dolore è mio, e ne ho custodia».

L'intervista completa nell'edizione odierna della Gazzetta del Sud.

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