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L'arresto dell'ex direttrice del carcere di Reggio, in cella entrava di tutto

Maria Carmela Longo

Le parole di tre “pentiti” (Mario Gennaro, Stefano Tito Liuzzo e Francesco Trunfio) ai magistrati antimafia di Reggio Calabria. E poi acquisizioni documentali, intercettazioni ambientali e telefoniche e attività di controllo della Polizia giudiziaria. Un’indagine complessa da cui è scaturito un quadro di gravi indizi di colpevolezza poderoso che ha portato agli arresti domiciliari l’ex direttrice delle carceri reggine di lungo corso (dal 30 maggio 1991 al 18 febbraio 2019) Maria Carmela Longo con la pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Scrive il gip Domenico Armaleo: «L'indagata Longo non ha lesinato durante il periodo della sua reggenza di intrattenere rapporti quanto mai inopportuni con i parenti di alcuni detenuti, per non dire che ella con il suo inqualificabile comportamento ha sistematicamente violato le norme dell’ordinamento penitenziario così agevolando, ed alleggerendo, il periodo di detenzione dei maggiori esponenti della 'ndrangheta cittadina e non solo».

Il medico e la detenuta
Ma, come avevamo già scritto ieri, ci sono altri indagati nell’inchiesta della Direzione distrettuale di Reggio Calabria, che “minaccia” di allargarsi ancora. Il procuratore Giovanni Bombardieri e i sostituti della Dda reggina Stefano Musolino e Sabrina Fornaro avevano chiesto al gip l’arresto anche per un medico dell’Asp, Antonio Pollio, e per la detenuta Caterina Napolitano. Questi ultimi sono accusati per un certificato medico falso che sarebbe stato emesso dal medico per consentire alla detenuta di non partecipare a un’udienza di un processo in cui era testimone.

Agenti indagati
Non sono gli unici indagati però. Su richiesta della Dda sono stati perquisiti alcuni agenti della polizia penitenziaria che, stando all’indagine del Nucleo investigativo centrale del Dap, avrebbero anche loro favorito i detenuti rinchiusi nel circuito “Alta sicurezza”. Si tratta dei sovrintendenti Massimo e Fabio Musarella. Assieme ad altri colleghi, i due fratelli Musarella, che all’epoca lavoravano all’interno del carcere di Reggio Calabria, avrebbero collaborato con l’ex direttrice Maria Carmela Longo e avrebbero avuto «una condotta di permanente contiguità con la 'ndrangheta».

L’avv. Giacomo Iaria
La direttrice Longo ha nominato suo avvocato di fiducia il penalista Giacomo Iaria, che l’assisterà nell’interrogatorio di garanzia che si svolgerà oggi. Ma intanto l’avvocato fa sapere che «la direttrice Longo ripone massima fiducia nella Magistratura e noi dimostreremo, anche documentalmente, che la gestione dell'Istituto, peraltro apprezzata a più riprese da tutti gli organismi del DAP (e organi politici nonchè i Garanti dei Detenuti), non sia mai avvenuta per finalità personali, ma al solo esclusivo fine della migliore funzionalità di un Istituto avente una popolazione detentiva d'elevato livello di attenzione ed eccessiva rispetto alle risorse umane in un contesto giudiziario molto difficile».

Il collaboratore di giustizia Mario Gennaro racconta di aver potuto addirittura scegliere la cella e il compagno di detenzione, una volta entrato in carcere. Liuzzo ricorda pure che in carcere entrerebbe qualsiasi cosa: dalle lettere ai dolciumi (Liuzzo preferiva le crostatine di Villa Arangea e il cioccolato), dal whisky al salmone. E la direttrice Longo avrebbe avallato questo e altri sistemi: «Per quanto ne so, la dottoressa Longo aveva con sé una parte della Polizia Penitenziaria, mentre altri erano con il Comandante».

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