«Sento di doverlo fare per aiutare chi è stato meno fortunato di me a superare questo virus subdolo». Roberto (il nome è di fantasia) ha contratto il covid ha passato settimane a letto con la polmonite. Ha affrontato e vinto la sua sfida. «Non è stato facile, ci sono stati momenti difficili, non nego di aver temuto il peggio. Ma ce l'ho fatta, al contrario di altri. Non è vero che solo gli anziani soccombono». Ma la paura ha alimentato la voglia «di fornire un contributo concreto alla scienza e a chi ancora sta combattendo la sua battaglia». Per questo dopo aver ricevuto l'esito del tampone negativo, Roberto ha chiamato il centro trasfusionale del Gom di Reggio e dopo aver superato tutti gli esami dello screening ha allungato il braccio per donare il suo sangue. Un farmaco carico di anticorpi preziosi.
«La cosa più utile da fare, anche la più semplice e la più bella» dice, ma senza troppi proclami, come un dovere civico. Una forma di solidarietà concreta ma silenziosa. Per questo sceglie di rimanere anonimo. Assieme a Roberto altri due pazienti hanno superato i controlli e donato il sangue iperimmune. Storie molto simili in cui la generosità e l'altruismo diventano una molla carica di motivazioni. Sono tre uomini tra i 35 e i 45 anni. Che si aggiungono ai primi due donatori che hanno aperto nella prima ondata della pandemia questa pagina importante.
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