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L'accusa della Corte dei Conti sulla Sanità: "Voragine finanziaria in Calabria", i cittadini sono vittime

«Gli abitanti della Calabria stanno da 10 anni colmando una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in anno. A fronte di questi sacrifici finanziari, i medesimi cittadini non godono di servizi sanitari adeguati».

«Gli abitanti della Calabria stanno da 10 anni colmando una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in anno. A fronte di questi sacrifici finanziari, i medesimi cittadini non godono di servizi sanitari adeguati». Lo evidenzia la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti nella relazione per il giudizio di parifica del Rendiconto 2019 della Regione Calabria.
Nella relazione la magistratura contabile ricorda di aver «da anni rimarcato le patologie della sanità calabrese, che non ha sempre approvato i bilanci, e gli ultimi atti ufficiali di bilancio risalgono al 2014.

Il disavanzo sanitario

Dieci anni dopo l’adozione del piano di rientro, cioè a fine 2019, il disavanzo sanitario è passato a circa 225 milioni, dopo il conferimento delle coperture derivante dal gettito delle aliquote fiscali massimizzate il risultato di gestione evidenzia un disavanzo di 118 milioni circa. Tenuto conto del deficit non coperto del 2018, il disavanzo complessivo a cui dare copertura al 31 dicembre 2019 è pari a 160,6 milioni di euro. Secondo il tavolo tecnico che monitora il piano di rientro, questo dato potrebbe ridursi a 98,13 milioni tenendo conto del possibile stralcio di alcuni crediti oggetto di svalutazione. Partendo da questo dato più roseo, emerge - spiega la Corte dei Conti - che in 10 anni il deficit sanitario a cui dare copertura si è ridotto in valore assoluto di soli 6,2 milioni, infatti è passato dai circa 104 milioni al 31 dicembre 2009 a circa 98 milioni al 31 dicembre 2019».

Dieci anni di sacrifici

La Corte dei Conti ricorda che «in questi dieci anni i cittadini calabresi hanno continuato a finanziare copiosamente la sanità con il versamento delle extraliquote Irap e Irpef, finalizzati a ripianare appunto i disavanzi che via via si manifestavano. In altre parole gli abitanti della Calabria stanno da 10 anni colmando una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in anno. A fronte di questi sacrifici finanziari, i medesimi cittadini non godono di servizi sanitari adeguati. I Lea sono giudicati adeguati quando raggiungono un punteggio di 160 o un livello compreso tra 140 e 160 in assenza di criticità: ebbene, dopo molti anni solo nel 2018 la Regione Calabria parrebbe aver raggiunto un punteggio adeguato, cioè 162, che comunque tradisce ancora numerose anomalie, come screening oncologici inadeguati e scarsità di posti letto. Nel bilancio della gestione sanitaria a fine 2019 sono presenti crediti verso lo Stato per circa 428 milioni. Il decreto legge 34 del 2020 - prosegue la magistratura contabile - prevede che, a causa dell’emergenza Covid, tutte le Regioni a Statuto ordinario potranno usare questi crediti come base per anticipazioni di liquidità fino al 99% del valore de crediti: è previsto quindi un sostegno in termini di cassa e liquidità, ma non si tratta di un aiuto collegato alla peculiare situazione finanziaria calabrese».
La Corte dei Conti, prosegue la relazione, «non può non evidenziare che il disavanzo sanitario, a differenza di quello accumulato da un Comune, non mette in pericolo i livelli dei servizi pubblici di un territorio circoscritto, ma pregiudica la realizzazione dei Lea per tutti gli abitanti di una regione:è messa in pericolo la piena tutela della salute, che è il diritto dei diritti, per i circa due milioni di calabresi».

Tutte le aziende chiudono in perdita

Inoltre, la magistratura contabile sottolinea che «ad eccezione dell’azienda ospedaliera di Reggio Calabria, tutte le aziende sanitarie provinciali e le aziende ospedaliere chiudono il 2019 in perdita. Complessivamente, le perdite di esercizio degli enti del Ssr ammontano a circa 223 milioni. Oltre a ciò, permane la assoluta opacità amministrativa che connota la gestione di molte di queste aziende, il cui esempio più evidente è quello della Asp di Reggio Calabria».
La sezione di controllo della Corte dei Conti, infine, evidenzia che «in base alle informazioni disponili, i debiti scaduti verso i fornitori degli enti del Ssr attualmente superano i 604 milioni, sono dati incompleti perchè mancano quelli relativi all’Asp di Reggio Calabria. Le passività citate generano cospicui interessi di mora, anche perché i tempi di pagamento medi delle aziende nel 2019 sono stati di 195 giorni. Quindi, nel 2019 i debiti in parola hanno originato interessi e oneri accessori per circa 33 milioni, sempre escludendo l’Asp di Reggio Calabria, su cui non si hanno dati. I pagamenti effettuati con anticipazioni di cassa ammontano inoltre a circa 1,8 miliardi, con conseguente maturazione di circa 12,6 milioni di interessi passivi. Tutto questo - conclude la magistratura contabile - mostra una vera e propria dispersione di risorse finanziarie che porte essere indirizzate in modo più efficiente per il miglioramento dei servizi sanitari resi ai cittadini».

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