Poco meno di 250 anni di carcere: a tanto ammontano le dure condanne inflitte dai giudici del Tribunale di Torino ai circa 65 imputati, molti dei quali calabresi originari della Locride, nell'ambito del processo "Cerbero" che si è svolto con rito abbreviato. Gli imputati erano accusati a vario titolo di reati collegati ad un vasto e articolato traffico di sostanze stupefacenti lungo l'asse Italia-Sudamerica. Nel corso del processo, comunque, come del resto è stato evidenziato dall'accusa, è emersa anche la presenza massiccia e radicata di alcuni potenti clan della 'ndrangheta nell'hinterland del capoluogo piemontese come gli Agresta, considerati dagli inquirenti a capo del "locale" di Volpiano, e gli Assisi, originari di Grimaldi - centro della provincia di Cosenza - alla guida del "locale" di San Giusto Canavese. La pena più elevata, 19 anni di reclusione, è stata inflitta ad Antonio Agresta, 48 anni, originario di Platì e omonimo di un altro imputato di 61 anni. Il processo "Cerbero" è il mix di diverse inchieste compiute in Piemonte dai carabinieri e dalla guardia di finanza, e, nell’ottobre del 2019, sfociate poi in numerosi arresti. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio